«Vaccini a raffica fuori dagli ospedali, noi siamo pronti»

Dei sieri anticovid
UDINE Per vaccinare servono mani esperte e per raggiungere al più presto la gran parte della popolazione bisogna macinare grandi numeri. Perché, allora, non...

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UDINE Per vaccinare servono mani esperte e per raggiungere al più presto la gran parte della popolazione bisogna macinare grandi numeri. Perché, allora, non avvicinare i centri vaccinali ai luoghi di lavoro di chi fa iniezioni tutti i giorni in modo che prima del turno pomeridiano o dopo aver smontato possano dedicare qualche ora a immunizzare i cittadini autosufficienti? La proposta arriva dal segretario delle Rsu dell’AsuFc Massimo Vidotto, che assicura: infermieri, ostetriche e assistenti sanitari di Asufc sono pronti a dare una mano a battere il covid con la profilassi. E i numeri in gioco sono consistenti.


NUMERI
«In Azienda - dice Vidotto, infermiere - siamo oltre 4mila, poi ci sono le ostetriche e gli assistenti sanitari. Numeri importantissimi». Un esercito già preparatissimo e sciolto dal vincolo di esclusività in virtù dell’emergenza. Il limite, secondo lui, sinora è il fatto di continuare a pensare a disponibilità per orari lunghi e in maxi centri vaccinali distanti. «Si pensa solo alle grandi vaccinazioni in sedi lontane, tanto che anche il questionario distribuito dall’Ordine per sondare la disponibilità degli infermieri parla di un minimo di 6 ore settimanali. Ma secondo me dev’essere minore, perché è sui grandi numeri che potremmo fare la differenza. Se invece si prevede che un infermiere debba fare almeno un turno e in centri distanti allora significa che potrà andare solo nel giorno di riposo». La proposta di Vidotto ai vertici aziendali è quella di «fare dei luoghi di vaccinazione nei pressi degli ospedali, anche con formula drive trough, o dentro le strutture, e di consentire di frazionare le ore. Così un operatore potrebbe fare un paio d’ore appena finito il suo turno, oppure prima di attaccare al pomeriggio. Basterebbe un supporto organizzativo».
Massimo risultato, minimo sforzo. Avvicinare i vaccinandi ai vaccinatori. Vidotto pensa anche alle aziende. «In una settimana si potrebbe immunizzare il personale di uno stabilimento». L’obiettivo è macinare grandi numeri. «Il fatto di riuscire a fare quante più iniezioni possibili è legato a quanti operatori aderiranno. Se l’efficienza organizzativa è ottima, allora un infermiere o un assistente sanitario dirà volentieri “do un’ora”, ma se invece per dare un’ora ne deve perdere 4 per motivi logistici, magari sarà meno disponibile». Vidotto fa un appello ai colleghi non in prima linea: «Sarebbe il più grande regalo per chi lavora nei reparti covid e nelle terapie intensive, che non ne possono più di operare in queste condizioni. Dobbiamo fare lo sforzo di vaccinare quanta più gente possibile».
MEDICI

Altra partita, quella dei vaccini a domicilio degli over 80 intrasportabili in attesa da inizio febbraio e dei più fragili, che ancora sconta ritmi lenti. Ma qualcosa si muove. Nella Bassa (dove sono 500 sinora i pazienti raggiunti a casa) i medici di base hanno cominciato ad andare a casa degli assistiti: due dottori a Ruda la scorsa settimana e altri proseguiranno nei prossimi giorni a Palmanova, Latisana e forse San Giorgio, secondo il piano elaborato dal distretto guidato da Luciano Pletti. Come spiega Stefano Vignando (Snami), è slittata alla prossima settimana la sessione vaccinale al centro di Gonars «per problemi organizzativi» legati al personale e alle sedute già programmate. Giovedì a vaccinare a domicilio ci sarà anche Khalid Kussini (Fimmg): Partirò con la somministrazione delle seconde dosi. Almeno si parte, cerchiamo di essere positivi».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino