Università verso il voto, il candidato Dughiero: «Ecco come sarà il mio Bo»

Fabrizio Dughiero, candidato Rettore all'università di Padova
PADOVA - Sulla scrivania del futuro rettore del Bo ci sono impegni non da poco: dal punto di vista edilizio, l’amministrazione Rizzuto ha spinto molto, con opere che...

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PADOVA - Sulla scrivania del futuro rettore del Bo ci sono impegni non da poco: dal punto di vista edilizio, l’amministrazione Rizzuto ha spinto molto, con opere che cambieranno il volto della città, come il nuovo ospedale e il campus all’ex caserma Piave, ma ci sarà anche un traguardo non indifferente come quello degli ottocento anni della nascita dell’Università di Padova. 


«È una responsabilità importante, un evento che deve essere celebrato in modo adeguato e per il quale ci stiamo preparando da molto tempo – commenta Fabrizio Dughiero, prorettore al Trasferimento tecnologico e candidato per il posto di rettore – Io però vorrei che fosse anche inteso come un nuovo punto di partenza, l’occasione per guardare al futuro da un punto di vista privilegiato, dai nostri 800 anni di storia, da Galileo, da Lucrezia Cornaro Piscopia. Se diventerò rettore vorrei che per gli 800 anni di storia si chiamassero le studentesse e gli studenti insieme ai giovani ricercatori e ricercatrici ad una grande sfida, un hackathon per pensare all’università dei prossimi 20 anni».


Questi sei anni sono stati caratterizzati da una grande attenzione per l’edilizia: se tornasse indietro rifarebbe tutto, in accordo con il resto della squadra?
«Il prossimo rettore avrà in eredità un compito importante, quello di realizzare gli impegni presi dal precedente rettorato, che sono impegni presi dal nostro Ateneo. La prima cosa è quella di re-immaginare alcuni spazi che sono stati progettati nel periodo pre pandemia e valutarli in una visione di quello che servirà nel periodo post pandemia e poi far fronte, con un piano di immediata attuazione, a quello che serve subito sia nella sede centrale, come il palazzo delle esperienze, che nei nostri campus fuori sede, come Agripolis e Vicenza che hanno bisogno, più di altre sedi, di essere rinnovati e resi adeguati alle attività che in essi si svolgono». 
Nuovo ospedale, grande opportunità ma anche grande impegno: come se lo immagina? 
«Il nuovo ospedale, che io amo chiamare nuova città della salute, è una grandissima occasione di rilancio per l’intera città. Sarebbe riduttivo pensare solo ad un ospedale, la città della salute deve diventare un progetto di medicina integrata, di ricerca biomedica, traslazionale e clinica, deve essere un luogo dove si sperimentano sostenibilità, mobilità innovativa e tecnologie digitali, la telemedicina e le nuove integrazioni tra medicina e ingegneria, dove poter attrarre investimenti privati per creare una Boston europea, un centro di eccellenza nelle scienze della vita». 
La Piave è un altro progetto imponente, come cambierà il volto della città?
«Piave futura è un progetto importante per la città, che va accelerato e rivisto anche alla luce dei nuovi stili di vita che la pandemia porterà necessariamente con sé. Dobbiamo sforzarci di rivedere l’uso di alcuni spazi per renderlo fruibile e adatto alle attività didattiche e di ricerca nel settore delle scienze sociali, dobbiamo renderlo un luogo aperto anche alla città. Nello stesso tempo dobbiamo pensare insieme all’amministrazione comunale a come recuperare gli spazi che saranno lasciati liberi dai docenti e dagli studenti per non creare squilibri, ma solo nuove opportunità di crescita dell’intera comunità padovana».
Parliamo di cosa può fare l’università per la città: come aiutare le imprese in difficoltà a causa della pandemia? 
«Può fare molto. Anche per quelle imprese che reggono, come quelle manifatturiere, ma che devono stare al passo e i punti sui quali spingere, a mio avviso, sono tre: trasformazione digitale, sostenibilità, inclusione sociale. Dobbiamo coinvolgere le imprese in progetti di innovazione dal Recovery Plan, fare in modo che si lavori in un ecosistema non solo per far crescere il tessuto produttivo ma anche per formare cittadini consapevoli di domani, cittadini che più di quanto abbiamo fatto noi, guardino con attenzione al bene comune». 
Potrebbe arrivare una nuova ondata, il Bo reggerebbe? 


«Dobbiamo pensare fuori dagli schemi. La didattica a distanza è stata una necessità, abbiamo risposto bene ma è essenziale programmare, ragionare ora su come potrebbe essere il prossimo semestre. Ideare diversi scenari per essere pronti, discutendone anche con la politica. L’obiettivo deve essere avere un’università il più possibile in presenza. Ma non si può improvvisare, dobbiamo programmare e dobbiamo farlo ora». 
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Il Gazzettino