Inchiesta Unabomber, otto pordenonesi indagati

Uno dei tubi bomba piazzati in spiaggia quasi vent'anni fa
Un’esperta di campioni genetici degradati e il numero uno del Ris di Parma. Sono i due esperti chiamati ad analizzare i dieci reperti selezionati dalla Procura di Trieste...

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Un’esperta di campioni genetici degradati e il numero uno del Ris di Parma. Sono i due esperti chiamati ad analizzare i dieci reperti selezionati dalla Procura di Trieste nel tentativo di dare un volto al bombarolo del Nordest. Lei è Elena Pilli, antropologa molecolare forense dell’Università di Firenze che ha lavorato accanto agli investigatori dell’Arma anche per risolvere il caso di Yara Gambirasio. Lui è il colonnello Giampietro Lago, biochimico e comandante del Reparto investigazioni scientifiche. Riceveranno l’incarico il 13 marzo, giorno in cui il gip Luigi Dainotti ha fissato l’udienza per l’incidente probatorio chiesto dal procuratore Antonio De Nicolo e dal sostituto procuratore Federico Frezza. Il caso si riapre sulla base degli spunti forniti agli inquirenti dal giornalista Marco Maisano. 


GLI INDAGATI
L’inchiesta sul bombarolo che tra il 1994 e il 2006 ha seminato il panico a Nordest riparte con l’iscrizione sul registro degli indagati di undici persone per la violazione dell’articolo 280 del codice penale: attentato per finalità terroristiche. Si tratta di un passaggio obbligato per la Procura, necessario per evitare eventuali nullità procedurali. In questo modo ai “sospettati” viene garantita la possibilità di nominare un legale e un consulente che potranno seguire da vicino le fasi di analisi da cui potrebbero emergere prove utilizzabili in un eventuale dibattimento. Il contraddittorio tra le parti, dunque, sarà garantito sin d’ora. La richiesta di incidente probatorio è stata notificata a undici persone. Tre risiedono in Veneto. Gli altri otto vivono nel Pordenonese e in qualche modo sono già stati sfiorati dalle indagini in passato. In quest’ultima lista c’è anche il nominativo di Elvo Zornitta, l’ingegnere di Azzano Decimo scagionato nel 2006 dopo un calvario giudiziario che l’ha duramente provato (il famoso lamierino, considerato la prova principale raccolta dagli investigatori, era stato manomesso). Il suo Dna - come hanno già avuto modo di ricordare gli avvocati Maurizio Paniz e Paolo Dell’Agnolo - è già stato confrontato con tutte le tracce organiche recuperate dagli investigatori senza che emergesse alcuna compatibilità.


IL NUOVO SOSPETTATO


Dieci dei nominativi indicati dai magistrati inquirenti sono già entrati in passato nell’inchiesta della Procura di Trieste. C’è soltanto un “nuovo” indagato, sul quale il procuratore De Nicolo ha già precisato di averlo indicato «sulla base di una fonte dichiarativa la cui attendibilità appare problematica e tutta da verificare». Adesso si ritrovano tutti insieme al tavolo dell’incidente probatorio che, con macchinari di ultima generazione, in grado di processare tracce biologiche di pochi nanogrammi, dovrà cercare residui di Dna in reperti che non sarebbero stati analizzati in passato. Sarà possibile individuare tracce biologiche lasciate dall’attentatore con le nuove tecnologie? I reperti su cui si concentreranno periti e consulente sono, in particolare, capelli e peli, sui quali oggi è possibile fare anche l’analisi mitocondriale, di cui Elena Lippi è un’esperta. La Procura è molto prudente. De Nicolo vuole evitare fughe in avanti e ha già precisato che al momento non ci sono elementi tali da poter «convogliare le investigazioni in una precisa direzione». La speranza è che tecnologia consegni una nuova pista investigativa. Fino al termine degli accertamenti tecnici, «ogni frettolosa attribuzione di responsabilità - ha precisato il procuratore in una nota - costituirebbe una gratuita illazione, sfornita di elementi di riscontro». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino