Un tumore spegne il sorriso di Giacomo ad appena sette anni

Giacomo Marcolongo
CAVARZERE  - «L’ho promesso a Giacomo. La nostra casa continuerà ad essere piena di sorrisi, come quando c’era lui». Non vuole cedere al...

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CAVARZERE  - «L’ho promesso a Giacomo. La nostra casa continuerà ad essere piena di sorrisi, come quando c’era lui». Non vuole cedere al dolore, Federico Marcolongo, il papà di Giacomo, morto a soli sette anni a causa di un neuroblastoma scoperto due anni fa. Un tumore maligno «molto aggressivo, ci hanno detto i medici» contro il quale il bambino ha lottato con tutte le sue forze, senza mai perdere il sorriso e, anzi, «era lui che ci dava la forza di andare avanti».


L’ADDIO
Ieri, se non ci fossero state le norme anti contagio, il duomo di Cavarzere si sarebbe riempito. Invece quelli che potevano sono entrati in chiesa e molti altri hanno atteso, intorno al sagrato, dove erano state poste due file di palloncini bianchi, la fine della cerimonia. Sulla cancellata della scuola di Giacomo, la Giovanni XXIII, uno striscione colorato «Ciao Giacomo» è stato l’addio dei suoi coetanei che, in giardino, giocavano come lui avrebbe sicuramente voluto. «Non dimenticherò mai quel giorno di settembre 2018 – racconta Federico – quando lo abbiamo portato dal pediatra. Lui che era sempre stato di appetito robusto aveva cominciato a mangiare poco e io e mia moglie Elisa, ci eravamo preoccupati. Ma il pediatra ci disse che stava benissimo. Abbiamo fatto fare anche un’altra visita, a pagamento, da un altro pediatra: stesso responso, sano come un pesce. Tanto che, per farlo andare a karate, come lui desiderava, il medico gli ha fatto un certificato di sana e robusta costituzione. In ottobre l’ho portato dal mio medico di base, perché gli si era gonfiata un po’ la pancia. “Fategli fare un’ecografia” ci disse. E l’ecografia rivelò una massa di venti centimetri di diametro».
LA SVOLTA

Da quel giorno la vita di Giacomo è cambiata: chemioterapia, radioterapia e perfino un’operazione durata otto ore per rimuovere quello che, di quel tumore, si poteva rimuovere. «Ma lui era sempre allegro – ricorda il papà – a parte i momenti in cui stava male per le cure, continuava a correre, giocare, scherzare con gli amici. Andava a scuola quando il lockdown lo permetteva e noi abbiamo cercato di fargli fare una vita normale: il corso di nuoto (amava muoversi nell’acqua), le serate in pizzeria, la playstation e i giochi con gli amici». Fino a venti giorni fa Giacono stava “bene”, non avvertiva dolore o tristezza. Poi sono arrivati i momenti brutti e, sabato scorso, ha finito di lottare. «Ringrazio – dice Federico - il personale del reparto e del day hospital dell’oncologia pediatrica di Padova». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino