Conegliano. Lancia di legno trafigge e uccide mastro bottaio, titolari della Garbellotto condannati

L'accusa: omicidio colposo per non aver rispettato le norme sulla sicurezza del lavoro

Dino Corocher lavorava alla Garbellotto
CONEGLIANO (TREVISO) - Non una semplice scheggia. Piuttosto un "dardo" di legno, lungo 95 centimetri e del diametro di quasi dieci centimetri, che ha raggiunto Dino...

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CONEGLIANO (TREVISO) - Non una semplice scheggia. Piuttosto un "dardo" di legno, lungo 95 centimetri e del diametro di quasi dieci centimetri, che ha raggiunto Dino Corocher, operaio della Garbellotto Botti di Conegliano, al collo all'altezza della carotide, provocandone la morte. Per quell'incidente sul lavoro, costato la vita al mastro bottaio 49enne, il 26 luglio del 2017, sono stati condannati a un anno i tre fratelli Garbellotto: Piero, Piergregorio e Pieremilio. Condannato alla stessa pena anche il direttore generale Graziano Vavalet, di San Fior, tutti facenti parte del consiglio di amministrazione della ditta. Il responsabile del servizio di prevenzione, Matteo Cestaro, di Preganziol, è stato invece condannato a 8 mesi. L'accusa: omicidio colposo per non aver rispettato le norme sulla sicurezza del lavoro. Gli avvocati degli imputati, Alberto Mascotto, Alessandro Alfano e Alessandro Rinaldi, hanno annunciato ricorso in Appello dopo aver preso visione delle motivazioni della sentenza.

I fatti

Nel corso del processo era stato ribadito che Corocher era un operaio esperto in quanto aveva partecipato ai corsi di formazione e sulla sicurezza. Quel giorno, e come ogni giorno, stava lavorando a una delle macchine rifilatrici che passano le tavole di legno di rovere con cui vengono costruite le botti. Secondo gli accertamenti svolti dai tecnici dello Spisal e della Usl 2, sentiti come testimoni dal giudice Carlotta Brusegan, il macchinario, da cui si era staccata la scheggia di legno mortale, non rispettava la normativa sulla sicurezza nel luogo di lavoro mancando, tra le altre cose, di una protezione in plexiglass che schermasse il lavoratore. 

Ma la tesi è stata contrastata dalla difesa che ha rilevato come la normativa non preveda quel tipo di schermo che, comunque, ove fosse stato installato sarebbe stato trafitto da quel dardo "come un coltello nel burro" e che, infine, il macchinario era stato dotato di una cuffia per aspirare schegge - di più modeste dimensioni - e polvere di legno. 

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Il Gazzettino