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VENEZIA - La prima, vera, breccia l'hanno aperta i turisti in partenza da Venezia. Sono stati avvicinati dagli agenti della polizia locale e dai militari della guardia di finanza a piazzale Roma e in stazione, mentre aspettavano l'autobus o un treno. Sono stati loro, rispondendo a un questionario, a fare da bussola nella ricerca agli alloggi abusivi nel centro storico. In un mese, da quando si è intensificata l'operazione di vigili e fiamme gialle, ne sono stati intervistati un centinaio e a questionario concluso è risultato che la maggior parte di loro, oltre il 70%, ha soggiornato in strutture ricettive che non erano a norma e che poi sono state sanzionate, chi per gravi violazioni chi meno. Comunque non in regola.
IL QUESTIONARIO
Non domande sulla qualità dell'offerta data da Venezia ma quesiti tecnici sulla struttura: dove hanno alloggiato, com'è stata fatta la prenotazione, attraverso quale portale online, com'è stato fatto il ceck-in, quali servizi sono stati offerti. Poi il conto, la consegna dei documenti all'arrivo in struttura e il pagamento della tassa di soggiorno. Un'indagine a ritroso, quindi: dalle risposte date dai turisti che stavano per lasciare Venezia, vigili e finanza hanno verificato le regolarità delle strutture, unendo queste nuove informazioni - poi incrociate con i dati raccolti sul web - a quanto fatto da inizio anno.
LE MULTE
Dall'1 gennaio sono state trentaquattro le attività ricettive sanzionate con multe che, nel totale, arrivano a 160mila euro.
SOTTO LA LENTE
Alle interviste ai turisti - che verranno intensificate in estate - si unisce da inizio maggio anche il software Dogale attraverso il quale si avrà un'analisi di rischio delle locazioni turistiche, evidenziando quelle non in regola. Incrociando dati su dati, darà indicazioni di dove si possano annidare strutture ricettive che se proprio fantasma non sono, qualcosa comunque nascondono degli incassi che fanno. Si muoverà individuando degli indicatori di rischio partendo dalle recensioni (numero e giudizio soprattutto) dai posti letto che compaiono nelle piattaforme, dalla comunicazione ai clienti dell'applicazione o meno dell'imposta di soggiorno. Il primo utilizzo ha già portato in dote un elenco di 500 casi di non collimazione tra le notizie e le pubblicità sul web e quanto dichiarato ai registri ufficiali. Quei 500 casi sono il prossimo passo dell'indagine. E qualcosa sta già emergendo in fatto di irregolarità.
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