Francesca, il cancro che arriva a fine estate e quel turbante che traccia il confine

Francesca Veronese
TREVISO - Il turbante colorato che indossa da più di un anno è l'unico indizio che potrebbe far intuire il percorso fatto e che ora sta ultimando con successo....

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TREVISO - Il turbante colorato che indossa da più di un anno è l'unico indizio che potrebbe far intuire il percorso fatto e che ora sta ultimando con successo. Per il resto, nonostante la diagnosi improvvisa, e quindi non facile da accettare, è un modello di come si possa affrontare l'iter terapeutico per sconfiggere il cancro al seno.


Francesca Veronese è la direttrice dei Musei Civici agli Eremitani. Ha un curriculum di studi e pubblicazioni prestigioso nell'ambito dell'Archeologia, che l'ha portata ad avere un ruolo importante che la impegna tutto il giorno, non solo nella sede museale, ma anche nell'allestimento di mostre, per esempio quella di successo dedicata a Belzoni. Poco più di un anno fa per caso, e nonostante controlli di routine recenti non avessero evidenziato nulla, ha scoperto di avere un tumore mammario piuttosto aggressivo. E adesso che è stata operata e la patologia è scomparsa, che i capelli stanno ricrescendo, e che il suo viso è tornato bellissimo, può fare da testimonial per le donne che sono alle prese con il problema.

IL RACCONTO
«Mi sono accorta di avere qualcosa di strano che richiedeva un approfondimento - spiega - e mi sono rivolta allo Iov. È stato uno choc, perché da un momento all'altro, e per di più dopo le vacanze in cui ti senti meglio, sei abbronzata e rilassata, fai fatica a metabolizzare di essere ammalata. Sulle prime, quindi, forse per una forma di difesa, quando i medici mi parlavano ho avuto la sensazione che si riferissero a un'altra persona. Un po' alla volta, però, ho deciso che dovevo affrontare e risolvere la questione, senza farmi travolgere. Ho cercato di razionalizzare, focalizzandomi sul fatto che avevo troppe cose da fare e che non potevo farmi bloccare dal cancro. Mi sono impegnata per far scattare la reazione giusta».
Da qui è partito poi l'iter terapeutico tra i più pesanti. «Il dottor Giovanni Faggioni, l'oncologo a cui sono stata assegnata - prosegue Francesca Veronese - è stato chiarissimo e con grande disponibilità mi ha orientato nel percorso, facendomi capire quali sarebbero state le tappe, le difficoltà, ma anche spiegandomi che il percorso in salita a un certo punto, se tutto fosse andato per il meglio, sarebbe finito, e il tumore sarebbe stato archiviato. E mi sono sempre rifatta a queste sue parole, senza dimenticare che qualche intoppo avrebbe potuto esserci. Io comunque tendo a vedere le cose in modo positivo e questo mi ha aiutato. Oggi sono tecnicamente guarita, ho davanti degli anni in cui dovrò essere visitata e controllata e sto facendo un protocollo aggiuntivo che prevede per 6 mesi l'assunzione di 20 pastiglie al giorno».


I momenti più difficili sono stati accettare il responso dell'istologico e poi il dramma della caduta dei capelli. «Perderli - sottolinea - incide sulla tua capacità relazionale e non dimenticherò mai la prima volta che sono uscita con il turbante. Mi sono imposta di andare sempre al lavoro, con i farmaci in borsa per controllare i malesseri, e non sono mai stata assente, a parte il giorno della terapia. Questo mi ha aiutato moltissimo, così come l'affetto dei familiari, degli amici e dei colleghi. Ora ho ancora mesi di cure, ma guardando indietro dico che il percorso è stato duro, ma non solo negativo, perché mentre sei in questo tunnel scopri delle cose che ti rendono la vita migliore, come il sostegno delle persone: un qualcosa di invisibile, che però c'è».

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Il Gazzettino