TREVISO - Sui social network sin dalla più tenera età. Persino dalle elementari, nonostante per legge non ci si possa iscrivere prima di aver compiuto almeno 14...
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IL FENOMENOChe tenere lontano i bambini dai telefonini sia praticamente impossibile lo sanno fin troppo bene i genitori. Solo i più stoici riescono a dire sempre di no e a non concedere il cellulare ai propri figli per qualche videogame, magari per pochi minuti. Solo che le applicazioni cambiano, e i giochi sono ormai talmente interattivi da essere diventati, di fatto, dei social network. Un esempio lampante è proprio quello di Tik Tok, l'applicazione made in Cina che sta spopolando tra i ragazzini, soppiantando l'ormai antiquato Facebook e persino Instragram o Snapchat. Tik Tok (che ha acquisito nel 2017 un'altra App chiamata Musical.ly) nasce di fatto come un gioco: si girano con il cellulare dei brevi video, si applicano dei filtri divertenti e si condividono. In pratica è una versione potenziata delle storie di Instagram. Il passo successivo è quello di Youtube, con bambini di soli 8 anni che, tramite il proprio canale personale, mettono in mostra le loro abilità nei videogame, spiegando trucchi e segreti per passare al livello successivo del gioco, riprendendosi con un telefonino o con una webcam. Diversi i casi finiti sotto la lente degli psicologi.
CONSENSO DIGITALEPer il Regolamento europeo per la privacy l'età del consenso digitale, soglia minima per esprimere il consenso al trattamento dei propri dati, dev'essere compresa tra i 13 e i 16 anni. L'Italia ha scelto i 14 anni, ma l'utilizzo dei social deve avvenire, fino ai 16 anni, tramite il consenso dei propri genitori. Benchè si tratti di una soglia piuttosto bassa, considerato che per molti altri servizi non digitali (si pensi ad esempio all'iscrizione in palestra) il cliente deve aver compiuto almeno 18 anni, siamo ben al di sopra dell'età di un bambino delle elementari. Che di certo non dovrebbe essere esposto ai contenuti che circolano sui social senza il controllo di un adulto.
CYBERBULLISMOLe forze dell'ordine, a partire dalla Polizia Postale e dalla Questura, che sta promuovendo incontri e progetti nelle scuole per mettere in guardia i giovani sui rischi della rete (non solo per contenuti osceni o inappropriati, ma anche per i pericoli legati al cyberbullismo alla pedopornografia), non hanno per ora ricevuto segnalazioni specifiche sul dilagare dell'uso dei social tra i bambini delle elementari. «Quello emerso nella scuola trevigiana potrebbe trattarsi di un caso isolato - spiegano gli agenti -. In ogni istituto ci sono dei referenti anti bullismo, il cui compito è indicare, qualora ve ne siano, eventuali profili di reato. Ma che i ragazzini usino impropriamente la rete è una realtà: in pochi sanno ad esempio che per utilizzare WhatsApp bisogna avere almeno 16 anni. Anche i genitori non ne sono a conoscenza e cadono dalle nuvole quando glielo diciamo».
La polizia sta promuovendo ormai da anni degli incontri specifici non solo nelle scuole superiori, ma anche alle medie e alle elementari. «I ragazzi devono stare attenti, ma anche i genitori devono fare di più, controllando l'utilizzo che viene fatto degli strumenti tecnologici a disposizione. Negarli, dopo una certa età, non è possibile, anche perchè si rischia di creare un effetto di isolamento rispetto ai coetanei. Ma dev'essere fatta un'azione di filtro importante».
LE INSIDIEI rischi d'altronde, si nascondono dietro alle applicazioni più impensabili. Basti pensare che, ormai, anche i videogame più innocenti prevedono la possibilità di chattare on line con il proprio rivale, che si tratti di una partita di calcio o di una gara automobilistica. Ed è impossibile sapere se vostro figlio stia giocando con un bambino o con un adulto, magari malintenzionato.
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Il Gazzettino