Goldin, ritorno a ostacoli: la grande mostra del 2015 rischia il naufragio

Marco Goldin
TREVISO - Niente da fare: il rapporto tra Treviso e Marco Goldin, prima golden boy del panorama culturale italiano e ora riconosciuto e stimato critico d'arte oltre che...

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TREVISO - Niente da fare: il rapporto tra Treviso e Marco Goldin, prima golden boy del panorama culturale italiano e ora riconosciuto e stimato critico d'arte oltre che curatore di esposizioni a livello internazionale, rimane di odio-amore. L'annunciato ritorno di una sua mostra, a fine 2015, evento voluto a tutti i costi dal sindaco Giovanni Manildo, convinto che possa essere il toccasana ideale per rianimare una Treviso messa ko dalla crisi, ha avuto come primo risultato una montagna di polemiche.


E dire che la proposta di Goldin è di tutto rispetto: una mostra dedicata ai giganti dell'arte di fine Ottocento e del Novecento, dagli amati impressionisti a Picasso, fino a icone come Andy Warhol, cinquanta opere prestate dal Museo di Arte Moderna di Detroit, uno dei maggiori al mondo. In altre città avrebbero srotolato i tappeti rossi. A Treviso si è alzato un muro di scetticismo. E, cosa ancora più grave agli occhi del critico, ad alimentare i dubbi è una parte della stessa maggioranza che sorregge Manildo. L'accusa è presto detta: le mostre di Goldin non lasciano niente, non fanno crescere la proposta culturale cittadina. E lui, già stanco del troppo chiacchiericcio, in tutta risposta annuncia: «Troppe polemiche. Mi prendo una pausa di riflessione. Non chiedo niente, non voglio soldi né essere pregato. Voglio solo capire se sono ancora disposto a sopportare distinguo e critiche ogni giorno per tutti i mesi che mancano alla mostra e per i cinque della sua durata. Io non cannibalizzo nessuno, non tolgo risorse a nessuno visto che i quattro milioni di euro per la mostra li metto quasi tutti io e un 20% Camera di Commercio, Unindustria, Coldiretti e artigiani. Il Comune non investe nemmeno cinque centesimi, se non i soldi per mettere a posto la sede museale che, comunque, è sua e poi gli rimarrà per altre occasioni».

E la sede, in effetti, è un problema. La mostra si farà nell'ex convento di Santa Caterina, splendido museo cittadino. Ma assolutamente inadatto per ospitare un appuntamento di valore mondiale. Servono impianti d'allarme e di videosorveglianza all'altezza, impianto d'illuminazione nuovo, strutture espositive, interventi strutturali. In soldoni: un lavoro da 600mila euro. «Della sede non mi preoccupo troppo - osserva Goldin - il lavoro da fare è molto. Ma il Comune ha garantito che la copertura finanziaria c'è grazie a degli sponsor e che tutto verrà fatto in tempo».


Il tempo è il secondo problema. Il museo di Detroit vuole ispezionare la struttura che dovrà ospitare le sue opere almeno nove mesi prima dell'evento. E considerato che la mostra è fissata per fine novembre 2015 gli americani vorrebbero arrivare a Treviso a marzo. Ma Santa Caterina non sarà ultimata prima di giugno-luglio: «Sono riuscito a convincerli a venire a sei mesi dalla mostra, vediamo se riesco a spostare ancora il limite a tre mesi - dice Goldin - ma se Detroit si irrigidisse con l'ispezione sei mesi prima, il rischio che tutto si fermi c'è». E questo è un ostacolo oggettivo. Poi resta il malessere di Goldin, che vorrebbe regalare alla sua città una vetrina di primo livello. Ma che proprio non riesce a farsi amare da tutti. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino