Alessandro, dalla Rotonda di Badoere alla corte dello sceicco del Qatar

Lo chef Alessandro De Rossi
BADOERE - Dalla Rotonda di Badoere allo sceicco del Qatar. Ha il sapore di una favola la storia di Alessandro De Rossi, 44 anni, chef a Doha. Un approdo arrivato otto anni fa al...

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BADOERE - Dalla Rotonda di Badoere allo sceicco del Qatar. Ha il sapore di una favola la storia di Alessandro De Rossi, 44 anni, chef a Doha. Un approdo arrivato otto anni fa al termine di un percorso professionale iniziato tra i banchi dell'alberghiero Maffioli di Castelfranco e proseguito tra Londra e Venezia. Adesso, l'affermazione nei palazzi mediorientali. Con caratteristiche, abitudini e gusti così lontani da quelli europei. «Sì, lavoro come executive chef per un importante sceicco, mi occupo di tutto quello che ruota attorno al food, beverage e all'ospitalità. Faccio in modo, insieme con il mio team, che ci sia un costante servizio ventiquattro ore al giorno per 365 giorni all'anno, per tutti i membri della famiglia ed eventuali ospiti e invitati che possono arrivare da tutte le parti del mondo e dalle più diverse culture».

 

Servizio e attenzioni costanti quindi?
«Certo, tutto deve essere sempre pronto in ogni momento. Sia qui in Qatar che in tutte le parti del mondo dove si trovi sua altezza e mantenendo gli stessi standard dovunque. La cucina funziona a ogni ora. Si preparano i tre pasti principali con grande varietà di scelta ma io e gli altri cuochi siamo sempre a disposizione per qualsiasi richiesta».
Quando inizia la sua carriera?
«A 22 anni andai a Londra, dove ebbi l'occasione di lavorare in uno degli hotel più importante a livello mondiale, il Connaught. Ci rimasi quasi tre anni, poi ritornai in Italia per lavorare al Gritti di Venezia, poi all'Incontro in centro a Treviso e a Badoere, il mio paese natale, alla Cantina Mediterraneo. Quindi mi sono trasferito a Barcellona dove mi sono sposato e ha vissuto dieci anni in Spagna, fino alla convocazione in Qatar otto anni fa dove mi sono trasferito con tutta la famiglia».
Una passione che ha da sempre per il cibo?
«Sì, per il cibo sì. Però quella per la cucina incomincia alla scuola alberghiera Maffioli, a Castelfranco».
Come è arrivato in Qatar?
«Niente arriva per caso, credo, però devo dire che questo lavoro ho avuto anche fortuna a trovarlo...è stato per mezzo di un amico spagnolo che lavorava in Qatar».
Come si vive a Doha?
«La vita qui è molto sicura, il crimine è praticamente azzerato, la quotidianità perfetta se hai dei bambini. Ci sono delle ferree regole locali e culturali da seguire ma che non sono poi così difficili da rispettare. L'ambiente è multiculturale, la popolazione locale è un quarto del totale. Il resto è un melting pot di tutte le nazionalità. A scuola o a cena a casa di amici ci si può trovare in un gruppo con gente di dieci nazionalità diverse».
Pensa di tornare un giorno in Italia?
«Sì credo proprio di sì. La famiglia e gli amici mancano sempre. Però quando vivi come espatriato hai sempre un bisogno di viaggiare e imparare cose nuove! A me piacerebbe il Messico... ma non sono sicuro, vedremo».
Torna spesso nella Marca?
«Ogni due anni in estate. Mia moglie è messicana, quindi facciamo le vacanze alternate: un'estate si va in Messico, e una in Italia».
I guadagni?
«La retribuzione è molto buona e anche se la vita qui è decisamente più cara che in Italia, si riesce a mettere via qualcosa».
Quali piatti italiani predilige lo sceicco?
«Pasta e riso soprattutto».
E specialità trevigiane?
«Adora gli asparagi, il radicchio invece non è capito».
E il prosecco?
«Questo è un paese musulmano, l'alcol viene venduto in un solo negozio in tutto lo Stato e ci si può accedere solo in possesso di una licenza. Il vino si può però bere in tutti gli hotel a cinque stelle a prezzi ovviamente molto più elevati: un bicchiere di prosecco costa 15 euro».
Cosa non può mancare nei pasti della famiglia dello sceicco?
«Non manca mai la pasta. Ma tra i must c'è anche la carne d'agnello che mi faccio portare dalla Spagna o le bistecche di Kobe, i pesci del Mediterraneo, i branzini cileni, i curry indiani, thailandesi, i Bbq iraniani o piatti libanesi... qui come dicevo è un incrocio di culture, e si può trovare e provare di tutto».
La cucina italiana resta in cima alla classifica?

«La cucina italiana per me avrà sempre il suo posto di rispetto nel mondo. Però come in tutte le cose, ci sono alti e bassi. Negli anni Ottanta era in gran voga la cucina francese, nel 2000 è stato il momento della Spagna poi di quella sudamericana e del sud est asiatico. Ma come chef, se sei italiano, avrai sempre un buon passaporto per le cucine di tutto il mondo».
Valentina Dal Zilio Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino