Il gin di Treviso e quella ricetta “trovata nel Cimitero dei Burci”: l'impresa di Nicholas Lugato e Marco Zanardi

Nicholas Lugato e Marco Zanardi
TREVISO - Imprenditori si nasce o si diventa? Certo non è un problema che si sono posti Nicholas Lugato e Marco Zanardi quando in pieno lockdown, 4 anni fa, hanno deciso di...

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TREVISO - Imprenditori si nasce o si diventa? Certo non è un problema che si sono posti Nicholas Lugato e Marco Zanardi quando in pieno lockdown, 4 anni fa, hanno deciso di inventarsi produttori di gin, ossia oggi il più amato, commercializzato ma anche inflazionato dei distillati. Crearne da zero un'etichetta artigianale, sgomitando tra centinaia di avversari nel tentativo di far capolino dalle bottiglierie dei migliori cocktail bar, è un'impresa in cui falliscono ogni anno innumerevoli distillerie wannabe. Eppure, Trevisi Gin - Trevisan Dry Gin - non pare affatto una startup destinata al dimenticatoio.

LA RICETTA


Il perché del successo? «Perché abbiamo un alcol di qualità superiore, ottenuto da cereali selezionati, in cui poniamo in infusione bacche di origine alpestre e in un secondo tempo le nostre botaniche, tutte riconducibili al territorio trevigiano. La leggenda che questa ricetta è stata trovata nel Cimitero dei Burci» iniziano a spiegare Nicholas e Marco. Facciamo un piccolo passo indietro. «Mi sono laureato in grafica multimediale - comincia Nicholas Lugato - e ho poi lavorato 4 anni per un'azienda produttrice di gin. Durante il Covid ho perso il lavoro, così ho deciso di mettermi in proprio, curando dalla A alla Z il progetto di questo elisir».

«Io nasco ingegnere - gli fa eco Marco - e attualmente gestisco l'azienda di mio padre, ma negli ultimi anni mi sono sdoppiato, intraprendendo questa avventura». I due trentenni spiegano: «Abbiamo impiegato due anni e mezzo per trovare la formula perfetta. Ogni venerdì ci trovavamo per assaggiare il distillato dal laboratorio di nostra fiducia. Verso la fase finale abbiamo chiesto il consiglio di professionisti del settore, come Jibril De Monte dello Jibo's e Livio Carruba del Cloakroom Cocktail Lab».

Nomen omen: Trevisi Gin vuol essere il gin di Treviso. «Sì, ma soprattutto è il gin del fiume Sile. Se escludiamo l'arancia e il mandarino, selezionate per non dover aggiungere zucchero, tutte le altre botaniche del nostro prodotto vengono raccolte lungo il bacino fluviale del Sile». E il ristorante da Fernanda a Cendon di Silea ha già creato un risotto con ostriche, gamberi e il Trevisi Gin. «Proprio in questi giorni abbiamo ottenuto l'approvazione di Partesa, distributore leader di gin in Italia. Già questa è una bella soddisfazione. Ma per noi è soltanto l'inizio».


IL BUSINESS PLAN


Il business plan pare tracciato. «Intendiamo arrivare rapidamente in tutto il Paese. Nel 2023 abbiamo fatto Veneto, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. Quest'anno vogliamo toccare l'Italia intera, da nord a sud; e poi nel 2025 raggiungere anche i mercati esteri come Ibiza e Malta». Intanto, il Trevisi Gin si assaggia già all'Home in Fonderia, nei ristoranti Alfredo e Le Beccherie, Toni del Spin e, naturalmente, Jibo's a Porta San Tomaso. Ma si trova anche già fuori zona, ad esempio al Mucho Macho di Jesolo». È un fatto: nell'ultimo decennio il successo del gin è salito vertiginosamente. «Secondo noi dipende dalla sua versatilità. Basta una sfumatura leggermente diversa, nella tonica in abbinamento, che il drink cambia subito di gusto e profumo. E poi, non a caso, lo beveva anche la Regina Elisabetta». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino