Da Trecenta al Brasile e ritorno con un progetto per lo sport

le ex scuole di sariano
LA STORIA  - La sua famiglia emigrò in Brasile nel 1957, ma Vittorio Mario Scappini non ha mai reciso il legame con il suo paese d’origine, Sariano, e...

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LA STORIA  - La sua famiglia emigrò in Brasile nel 1957, ma Vittorio Mario Scappini non ha mai reciso il legame con il suo paese d’origine, Sariano, e periodicamente torna a Trecenta per salutare amici e conoscenti. «Prima venivo tutti gli anni, ma con la pandemia ho dovuto rimandare il viaggio. Appena hanno consentito di volare liberamente sono tornato in Italia. Sono rimasto però molto amareggiato da come ho trovato quello che considero ancora il mio paese. È come tornare a casa e trovarla abbandonata. Chi doveva occuparsene non lo ha fatto come doveva. Mi è molto dispiaciuto vedere il paese trascurato». Scappini parla e le sue parole hanno la musicalità della lingua brasiliana. In Brasile si è costruito vita e carriera.


Oggi è nel direttivo del Circolo italiano di San Paolo, nonché della Confederazione dei circoli italiani nel paese sudamericano dove oggi vivono circa 32 milioni di discendenti di emigrati italiani; di questi, tre milioni sono nella sola città di San Paolo dove lui risiede, e che sono per la maggioranza discendenti di veneti. Produttore televisivo nonché caporedattore della rivista brasiliana “Pesca comigo”, Scappini conduce su Radio Trianon la trasmissione “Itàlia total” oltre a essere corrispondente per la Gazzetta del Brasile. Ma il suo impegno maggiore riguarda i circoli italiani. 
CIRCOLI ITALIANI
«La Confederazione italiana nel Brasile - spiega - conta 300 uffici in tutto il paese. La sede di San Paolo è una delle più attive per il riconoscimento della cittadinanza a discendenti di emigranti e si occupa delle pratiche per la ricerca degli avi nelle anagrafi italiane». Non solo. Tra i vari progetti che segue, Scappini ne ha uno per i giovani giocatori di calcio, terze o quarte generazioni di emigrati. Ed è per loro che organizza periodicamente degli stage in Europa per metterli in contatto con squadre e osservatori del vecchio continente. Proprio a Sariano aveva individuato una struttura ideale per ospitare questa sorta di campus sportivi: l’ostello “Don Onorio Grossi”, ovvero le ex scuole ristrutturate e destinate inizialmente a essere spazio per le associazioni. Fino a qualche anno fa c’era un gestore che faceva ristorazione e serate, ma da allora la struttura non è stata più messa a bando. «Ho proposto più volte al Comune un progetto per farne un centro di ospitalità per i giovani calciatori, impegnati negli allenamenti al campo sportivo locale e nelle iniziative organizzate per far loro conoscere il territorio dei loro avi. Avrebbe permesso di utilizzare al meglio la struttura ricettiva creando anche indotto per il paese. Purtroppo non ho mai avuto riscontro dall’amministrazione. Più volte ho cercato di contattare un referente e avviare un percorso, ma senza esito. Quello che più mi amareggia è vedere inutilizzata una struttura che potrebbe diventare un centro di richiamo. Ogni volta che sono venuto in Italia ho cercato di incontrare un referente, ma non ho mai avuto risposta». Scappini non vuole polemizzare, ma sottolinea la differenza di approccio rispetto al Brasile. «Ho trovato scarsa disponibilità da parte degli uffici comunali. Capisco le regole antipandemia, ma serve un po’ di elasticità e capacità di comprendere. A volte si fanno grandi problemi per questioni che potrebbero essere risolte in pochi minuti». 
PORTE CHIUSE

Un approccio che Scappini ha sempre adottato nella sua vita in Brasile. Emigrato con la famiglia a 14 anni, iniziò a coltivare la passione per il disegno entrando in un’agenzia pubblicitaria, che gli aprì poi la carriera di produttore e conduttore televisivo. Non ha mai dimenticato però il suo paese. «Quando ci fu l’alluvione nel 1951, avevo 9 anni e studiavo alle scuole elementari. Fui trasferito con mio fratello più giovane, a Chiavari, in Liguria, dove rimasi otto mesi, nell’attesa che finisse l’emergenza. Ma nel 1957 partimmo in nave da Genova diretti a San Paolo, e passare da un paese di piccole dimensioni, come Trecenta, a una metropoli con milioni di abitanti non fu facile». In questi giorni si è fermato nell’hotel del paese e ne ha approfittato per incontrare amici e completare le pratiche per qualche riconoscimento di cittadinanza. «Tornerò - spiega - e spero di trovare maggior disponibilità per il mio progetto a Sariano». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino