Traffico di rifiuti con la Cina: sigilli alla dittà di trasporti Pellizzari

i controlli della Finzanza
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SEDICO - È arrivata fino nel Bellunese l'inchiesta della Guardia di Finanza di Pordenone Via della seta. Nei giorni scorsi, su delega delle fiamme gialle friulane, i finanzieri della Compagnia di Belluno hanno effettuato due perquisizioni: una è arrivata a Bribano, nella ditta i trasporti di Roberto Pellizzari, 50enne residente a Sedico, indagato per traffico illecito di rifiuti e associazione per delinquere. L'azienda è sotto sequestro e con Pellizzari sono indagati anche 4 suoi autisti e un impiegato. Si tratta di Fabrizio Modolo (l'impiegato) e quattro camionisti, Rudi Gaiotto, Roberto Vettorel, Lamberto Dal Pos e Andrea Segat.

BLITZ ANCHE AD AURONZO
I finanzieri bellunesi quel giorno (era il 3 giugno scorso) sono andati anche in un'azienda di Auronzo, ma non si sa se avesse un qualche ruolo nell'inchiesta. C'è anche un altro protagonista bellunese: una ditta, di cui al momento non è trapelato il nome, che avrebbe emesso quasi 2 milioni di euro (1.900.748,00 euro). L'unica certezza è che la Pellizzari non c'entra con le operazioni inesistenti, ma avrebbe avuto il solo ruolo di trasportare i rifiuti ferrosi. Quei carichi erano alla base del giro illecito che arrivava fino in Cina messo in campo dall'organizzazione criminale.

IL SEQUESTRO
Il sequestro preventivo totale dell'inchiesta ammonta a 66 milioni di euro, figlio di fatture emesse tra il 2013 e il 2021 per operazioni inesistenti pari a 308 milioni 894mila euro. Il provvedimento, firmato dal gip Massimo Tomassini, è in esecuzione. «Finora abbiamo già recuperato 7 milioni in contanti e 60 immobili che sono in fase di valutazione», ha spiegato ieri il sostituto procuratore Federico Frezza, titolare dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Trieste sulla singolare frode fiscale internazionale che, grazie a un meccanismo ideato da un gruppo di friulani, permetteva ai cinesi di trasferire in Cina milioni di euro che ancora nessuno sa da dove provengano.

LA CACCIA
La Guardia di finanza di Pordenone è a caccia di soldi e beni immobili. Tre società, con i relativi beni e spazi aziendali sono state sequestrate, oltre a quella di Sedico, le altre nel Trevigiano. E ciascuno degli indagati a cui è contestata l'associazione per delinquere - ha sottolineato il Gip - dovrà rispondere in solido. Il provvedimento di sequestro è un cantiere ancora in corso, potrebbe riservare nuove sorprese, perché le indagini non sono affatto concluse e non si escludono ulteriori coinvolgimenti (molti dei venditori di rottami in nero sono ancora dei perfetti sconosciuti). Tra gli indagati delle altre province. In otto anni, l'organizzazione smascherata avrebbe movimentato 308 milioni di euro con una girandola di fatture false e documenti altrettanto fasulli, necessari per poter rivendere 150mila tonnellate di rifiuti ferrosi acquistate in nero, che per trasportarle ci sono voluti settemila camion. Un patto con la mala cinese ha poi consentito a un gruppo di imprenditori friulani e veneti di trasferire 150 milioni di euro in Cina fingendo di acquistare ferro e acciaio. In realtà, quando il bonifico del falso acquisto arrivava a destinazione, i soldi venivano recuperati a Padova, in un negozio del Centro ingrosso di corso Stati Uniti. Così i cinesi riuscivano a far arrivare in Cina, con tanto di fattura, soldi provenienti dalle loro attività illecite, gli italiani incassavano in contante ciò che non avrebbero mai potuto prelevare in banca e restituivano i soldi a chi utilizzava le fatture false.

I PROTAGONISTI
Tutto è cominciato a Concordia Sagittaria nel 2013, attraverso la Metal Nordest Srl, a cui si sono aggiunte la Femet Srl di San Quirino e la Ecomet Srl di Santa Lucia di Piave. Attorno a queste tre realtà ruotavano i grandi commercianti di rottami ferrosi delle province di Treviso e Padova. Il meccanismo si è inceppato dopo che il Nucleo di polizia economico finanziaria della la Guardia di finanza di Pordenone ha cominciato a seguire giorno e notte i protagonisti del sistema: Stefano Cossarini, 46 anni, sanvitese che abita Jesolo; Roger Donati (48), anche lui di San Vito ma residente a Lugano e domiciliato a Portogruaro, come pure il compaesano Fabrizio Palombi (42); Guido Masciello (46) di San Michele al Tagliamento e Cristiano Altan (48), un altro sanvitese. La Direzione distrettuale antimafia di Trieste li ritiene a capo di un'associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti e alla frode fiscale.

I CINESI


Il meccanismo a un certo punto si è inceppato, perchè poteva destare sospetti. Come far rientrare i soldi dall'Est? Ecco entrare in scena i cinesi. Loro sì che hanno milionate di euro che non sanno come far arrivare in Cina. Le tre società di Concordia, San Quirino e Santa Lucia di Piave fanno finta di acquistare acciaio in Cina, dove mandano i soldi indicati in fattura. Quando il trasferimento di denaro si perfeziona, a restituire la somma saranno i cinesi, dove Cossarini viene filmato mentre entra con buste vuote ed esce nascondendole sotto la giacca. Il patto italocinese permette di aggirare l'antiriciclaggio. Ma è stato siglato troppo tardi, perchè due anni e mezzo fa le autorità ceche avevano già allertato la Finanza.
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Il Gazzettino