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VALDOBBIADENE - «Sono stato intubato due volte. Temevo di non farcela e per me la guarigione è stata come una rinascita. Ma è stata durissima: durante il ricovero ho perso 13 chili». Non nasconde l'emozione nel ripercorrere le tappe della malattia, provata sulla propria pelle, il pluricampione di rally e imprenditore di Valdobbiadene Tony Fassina, 75 anni, rimasto per giorni sospeso tra la vita e la morte durante la lunga battaglia contro il Coronavirus. Durante la degenza Fassina è stato ricoverato agli ospedali di Vittorio Veneto, Treviso e Montebelluna. Ma nei giorni scorsi è finalmente uscito dall'incubo ed è tornato a riabbracciare i suoi familiari. «Ringrazio i medici per tutto quello che hanno fatto, sono stati eccezionali, mi hanno salvato la vita».
LA FEBBRE ALTA
Tutto è iniziato con un po' di malessere seguita dalla febbre, sempre più alta. Era fine gennaio. «Pensavo si trattasse di una semplice influenza - racconta Fassina -. Ma poi la temperatura è salita a quaranta e ho cominciato a fare fatica a respirare. Ho capito subito che era qualcosa da non sottovalutare. Mia moglie voleva chiamare l'ambulanza, ma io ho preferito salire in auto e andare direttamente in ospedale a Vittorio Veneto. Quando sono arrivato respiravo a stento. Ho lasciato la macchina sulla strada e mi sono precipitato al pronto soccorso». Dopo 5 giorni Fassina è stato trasferito in ospedale a Treviso: le sue condizioni erano critiche. «Mi hanno intubato per due volte di seguito - continua l'ex campione di rally -. È in quel momento che ho capito realmente i rischi che stavo correndo. Mi ricordo solo che a un certo punto mi sono trovato su un lettino completamente nudo e con macchinari ovunque intorno che monitoravano le funzioni vitali. È stato impressionante».
LOTTARE DA SOLO
In quei momenti i pazienti possono contare su un'assistenza continua. Ma non sul conforto dei familiari. «Ed è durissima - continua Fassina -. Sentivo soltante il rantolare dei malati che nella mia stanza, come me, stavano lottando tra la vita e la morte». Dopo quei giorni però le condizioni del 75enne sono pian piano migliorato, a differenza di tanti, troppi compagni di stanza che invece non ce l'hanno fatto. «È per questo che mi sento ancor di più un miracolato. Per me è stata, era Pasqua, è stata una sorta di resurrezione. Devo ringraziare in modo particolare la sanità veneta che si è dimostrata essere a dir poco eccezionale. È un'esperienza che non auguro a nessuno di provare, perché quando ti svegli dopo essere stato intubato per giorni pensi di morire, anzi, pensi d'essere già morto, perché vedi che non ti viene più il respiro e di senti ormai rassegnato, come se dovessi mancare da un momento all'altro, una sensazione spaventosa, incredibile e inspiegabile.
IL PLAUSO AI MEDICI
Quasi 76 anni, Fassina non ha mai bevuto o fumato, praticando sport di ogni tipo per tutta la vita e mantenendo sempre un fisico asciutto e atletico. «È questo che mi ha salvato la vita.
Il Gazzettino