Condannato per la morte del cognato nella sua azienda, fa sparire il milione di euro dell'assicurazione

Imprenditore condannato
CASTELFRANCO VENETO (TREVISO) - Quel milione di euro era destinato alla famiglia del suo dipendente (nonché cognato), schiacciato da un carico di sassi. Invece lui,...

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CASTELFRANCO VENETO (TREVISO) - Quel milione di euro era destinato alla famiglia del suo dipendente (nonché cognato), schiacciato da un carico di sassi. Invece lui, titolare dell'azienda, lo ha incassato e fatto sparire. Come? Chiudendo l'azienda e intestando i beni alla figlia. Di questo viene accusato Dino Trentin, 62enne di Tezze sul Brenta (Vicenza) titolare della ditta Centro Veneziane di Castelfranco Veneto, condannato per l'incidente sul lavoro costato la vita al cognato Roberto Romanò, 54 anni, pure lui di Tezze sul Brenta. L'operaio aveva perso la vita a marzo del 2018, a Loria, schiacciato tra un muletto e un carico di sassi. Trentin, condannato penalmente venerdì in tribunale a Treviso a 4 mesi di carcere era già stato condannato a un mese fa in sede civile. Ma secondo lo studio Giesse risarcimento danni, che ha seguito le pratiche, avrebbe da tempo fatto sparire l'intero ammontare del risarcimento destinato a moglie, figli, genitori e fratelli della vittima.

IL RISARCIMENTO
In base alle ricostruzioni dello studio specializzato in risarcimenti, il 26 marzo 2019 Trentin, tramite un avvocato di Padova,ha ottenuto dalla compagnia assicuratrice Cattolica assicurazioni il pagamento, direttamente nel conto corrente societario, dell'importo corrispondente al massimale della polizza: un milione di euro. L'assicurazione ha provveduto al versamento suddividendolo nelle quote spettanti a ciascuno dei familiari e precisando che l'ammontare reale del risarcimento sarebbe stato anche più alto, superiore cioè al massimale sottoscritto. «Appena due giorni e il maxi-risarcimento, invece di essere doverosamente trasferito ai legittimi destinatari, viene spostato sul conto corrente personale della figlia di Dino Trentin, che non fa parte della compagine societaria - spiegano da Giesse -. Il 15 aprile le somme vengono trasferite attraverso 6 assegni e 4 bonifici a diversi destinatari, prosciugando l'intero risarcimento. Meno di 10 giorni e la società Centro Veneziane viene cancellata dal registro delle imprese, senza neppure essere stata posta in liquidazione». Il 25 luglio viene iscritto avanti il tribunale di Treviso, sezione lavoro, il ricorso per l'accertamento della responsabilità del datore di lavoro per l'incidente mortale sul lavoro. Pochi giorni più tardi, il 7 agosto, Dino Trentin e la moglie (nonché socia) intestano alla figlia e al suo convivente anche gli immobili di valore più consistente.

GLI ACCERTAMENTI


Ai famigliari di Romanò non arriva nemmeno un centesimo della cifra liquidata a loro favore dall'assicurazione, così decidono di rivolgersi allo studio Giesse, che avvia gli accertamenti. Scatta una denuncia alla guardia di finanza di Treviso che, in breve tempo, riesce a ricostruire l'intero percorso del milione di euro, fin dal momento dell'accredito sul conto corrente societario. In base alla documentazione inviata alle Fiamme Gialle direttamente dall'istituto di credito che ha ricevuto la somma dalla compagnia assicuratrice, è stato possibile accertare che, nel volgere di pochi giorni, l'intero milione è stato smistato attraverso assegni o bonifici, destinati principalmente ai legali di Trentin. Il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e crediti di Dino Trentin arriverà nell'ambito della causa civile, con sequestri disposti su immobili e presso terzi nelle province di Treviso, Padova e Vicenza che però, proprio perché il massimale assicurativo era stato nel frattempo già dirottato altrove, non ha comunque ancora permesso di sequestrare l'ingente somma. «I famigliari non hanno ancora ottenuto un solo euro. È una beffa, dopo la tragedia subìta - affermano Claudio Dal Borgo e Beppino Battocchio di Giesse -. Continueremo a batterci fino a quando i familiari di Roberto non avranno ottenuto piena, doverosa giustizia».

    
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Il Gazzettino