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BELLUNO - C’è solo il silenzio a correre tra le macchine a stampa digitale e da legatoria. Perché la Tipografia “Sommavilla srl” di via Tiziano Vecellio (fino al 2015 “Tipografia Germano Sommavilla”) non raccoglie più ordini: dal 30 aprile si chiude. Porte aperte solo fino a fine mese anche per la Cartolibreria. I bellunesi ci sono passati tutti tra quegli scaffali: da bambini per scegliersi la cartella, il pongo e i colori craypass. Da genitori a comperare ai figli lo zainetto e il quaderno ad anelli. Fino alla targa e al timbro personalizzato per la propria azienda. Paiono un ritornello le parole dei clienti, che siano i fruitori della cancelleria scolastica o dei prodotti che uscivano dalla tipografia: «Mi dispiace...». Dispiacere che è anche della proprietà. È Massimo Sommavilla a mettere sul piatto i motivi: «Il cambio generazionale si è sommato agli impegni presi con un concordato volto a sanare impegni economici pregressi». A dare il colpo di grazia è stata la crisi collegata alla pandemia: «Un anno con il calo del fatturato del 30% che ci ha costretti a non essere più in grado di onorare gli impegni», aggiunge Sommavilla.
LA CRISI
Da questo stanzone sono usciti centinaia di calendari con le fotografie delle nostre montagne.
LE TAPPE
Era il 1 dicembre del 1919 quando i fratelli Germano e Antonio Sommavilla presero in affitto la tipografia Fontana. Pochi anni dopo Germano Sommavilla acquistò tutta l’attrezzatura della tipografia Cavessago e nel 1928 iniziò l’attività in proprio nei locali di via Cavour. Nel 1965 ne divenne titolare il cavaliere della Repubblica Carlo Sommavilla che condusse l’azienda al successo, con tre miliardi di fatturato. Massimo Sommavilla dal 2015 tiene le redini della tipografia prese dalla mano di papà Carlo. Voleva frenare la deriva della tipografia: «Ho provato a sanare l’azienda, non precludendomi la possibilità di unire le forze con realtà del settore che vivevano problematiche, tra Belluno e Treviso. L’avvento del Covid ha stroncato anche questa ultima idea». Nessuno dei sette dipendenti starà a casa, tutti ricollocati o pensionabili. «Sta di fatto che le strutture piccole, di ogni ambito, fanno fatica nella gestione, per carico burocratico-amministrativo, per costi gestionali e per carenza di risorse economiche», prosegue Sommavilla. Un sipario che si chiude, con il finale che pare intrecciarsi con quello della Tipografia “Piave” - di proprietà della Diocesi di Belluno Feltre - che, con la crisi dell’editoria, è in liquidazione. La crisi dell’editoria classica e le differenti modalità di comunicazione in ambito pastorale hanno portato a mettere il punto fermo all’attività della “Piave”, lunga più di un secolo e mezzo.
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Il Gazzettino