«Ha reso identificabile l'impiegata ladra nella delibera di licenziamento»: Comune multato

Il Comune di Thiene condannato dal Garante: nella delibera era riconoscibile dal numero di matricola

«Ha reso identificabile l'impiegata ladra nella delibera di licenziamento»: Comune multato
THIENE - La dipendente dell'ufficio Anagrafe di Thiene (Vicenza) era stata licenziata in tronco. Accusata di essersi intascata 15.200 euro fra il 2012 e il 2019, trattenendo i...

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THIENE - La dipendente dell'ufficio Anagrafe di Thiene (Vicenza) era stata licenziata in tronco. Accusata di essersi intascata 15.200 euro fra il 2012 e il 2019, trattenendo i soldi dei diritti di segreteria, la donna poi aveva risarcito il danno e aveva patteggiato 18 mesi e 26 giorni di reclusione, con la sospensione condizionale della pena. Ma ora ad essere sanzionato è il Comune: il Garante per la protezione dei dati personali gli ha comminato una multa di 3.000 euro, in quanto ha (o avrebbe) reso riconoscibile l'impiegata infedele, affiggendo all'albo pretorio il provvedimento in cui la identificava con il numero di matricola.


CINQUE CIFRE
Proprio così: non tramite il nome e cognome, bensì attraverso una sequenza di cinque cifre. Ma tant'è. Nella sua ordinanza, l'Autorità spiega di aver ricevuto un reclamo da parte dell'ex addetta comunale, la quale lamentava la pubblicazione online della determinazione che nel 2019 sintetizzava l'esito del procedimento disciplinare, culminato nel licenziamento senza preavviso, nonché la diffusione di un comunicato stampa, sempre relativo alla vicenda. L'identità dell'interessata non era mai stata esplicitata, né nell'atto né nella nota.


ISTRUTTORIA
Nel corso dell'istruttoria avviata dal Garante, il municipio ha precisato che «ancorché in presenza di un titolo giuridico che legittima - anzi che rende obbligatoria - la pubblicazione del provvedimento all'albo online», ha comunque «avuto cura di garantire il rispetto della dignità» della persona coinvolta, di cui ha provveduto « a pseudonimizzare le generalità», identificandola «mediante il solo numero di matricola ed evitando di evidenziare altri elementi che, neppure indirettamente, potessero consentire di risalire» a lei. L'ente locale ha ritenuto «che il sistema di cifratura utilizzato» rispettasse la privacy dell'impiegata infedele, in quanto il codice di cinque cifre era stato «creato in modo casuale» e «l'algoritmo di decifratura è conosciuto esclusivamente - secondo il principio funzionale di stretta necessità - dai medesimi dipendenti dell'ufficio personale che - ciascuno per l'espletamento delle proprie mansioni - hanno legittimamente trattato i dati personali della dipendente». Inoltre è stato puntualizzato che l'atto era stato pubblicato solo per due settimane e «non è indicizzato nei motori di ricerca generalisti». Pure il comunicato diramato agli organi di informazione era «in forma del tutto anonima» e aveva la sola finalità di «non creare turbamento e disorientamento nell'utenza» dopo la notizia degli ammanchi.


OMISSIS


In effetti la contestazione relativa alla nota stampa è stata archiviata. Invece il municipio è stato multato per il provvedimento pubblicato all'albo pretorio, in quanto la donna «era in ogni caso identificabile attraverso il proprio numero di matricola». Secondo il Garante, quest'ultimo è infatti «certamente idoneo a consentire di risalire all'identità dell'interessato, non solo da parte del personale autorizzato del Comune, ma anche di eventuali terzi, con i quali l'interessato ha potuto, nel tempo, condividere tale numero (si pensi, ad esempio, a colleghi e familiari)». Cos'avrebbe dovuto fare l'ente derubato? Per l'Autorità, nella delibera «non avrebbe dovuto essere, quindi, riportato alcun dato personale», nemmeno una stringa numerica, ma sarebbe stato necessario ricorrere «alla tecnica degli omissis o ad altre misure di anonimizzazione dei dati». Per questa «illiceità del trattamento di dati personali effettuato dal Comune» è così scattata una sanzione amministrativa pecuniaria di 3.000 euro.
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Il Gazzettino