Muore e lascia l'eredità agli ospedali: «Fate festa a mio nome al ristorante»

Muore e lascia un'eredità agli ospedali
PORDENONE - Ilario Piccinin voleva che fosse una celebrazione della gioia di vivere, anche se lui non ci sarebbe stato. Il 64enne, deceduto l'8 marzo 2021 a causa del...

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PORDENONE - Ilario Piccinin voleva che fosse una celebrazione della gioia di vivere, anche se lui non ci sarebbe stato. Il 64enne, deceduto l'8 marzo 2021 a causa del Covid-19, dopo aver effettuato il terzo trapianto di rene, ha espresso il desiderio che si organizzasse una grande festa dopo la sua morte. Tra gli ottanta invitati, assieme ad amici e parenti, il personale medico di Nefrologia ed Emodialisi di Pordenone, che considerava come una seconda famiglia. L'evento domenica scorsa in un ristorante di Prata di Pordenone, è stata l'occasione per ricordare lui e quella grande gioia che accompagnava ogni suo gesto. «Era una persona molto attaccata alla vita, che amava stare in compagnia e festeggiare organizzando spesso pranzi con parenti e amici», ha ricordato il cugino Simone Giacomet. «Nonostante abbia provato molte sofferenze in vita, non si è mai abbattuto e ha sempre lottato fino all'ultimo, lasciando come ultime volontà un testamento che ha destinato gran parte del suo patrimonio all'Ospedale Civile di Pordenone Reparto di Nefrologia ed Emodialisi e al CRO di Aviano, con la speranza di poter continuare a fare del bene verso coloro che, come lui, hanno sofferto in vita».

Ilario, problemi di salute da quando aveva 5 anni


La sua storia è quella di un combattente che non ha mai chinato il capo. Ha cominciato a soffrire di gravi problemi di salute fin da quando aveva 5 anni, i primi sintomi di un male che lo avrebbe accompagnato fino all'età adulta. Rimasto orfano di madre a 17 anni invece di lasciarsi abbattere ha cominciato a lavorare. A 18 anni ha cominciato a fare dialisi, l'inizio di un calvario durato tutta una vita. Eppure ha sempre cercato di vivere al massimo delle sue possibilità. Per un po' è stato sacrestano e ha anche studiato un anno in seminario. Si è diplomato lavorando il mattino come fornaio, per poi intraprendere la carriera di ragioniere per un grosso mobilificio a Maron, nel distretto del mobile pordenonese. Quando i sintomi della sua malattia si sono aggravati però si è dovuto licenziare, avendo intuito che non era più ben accetto. Invece di arrendersi ha deciso di dedicarsi a un'altra sua passione e ha aperto una fioreria. Poi è arrivato il lavoro in banca e quelle aste giudiziarie che gli hanno permesso di creare il suo patrimonio. Amava viaggiare e nel corso degli anni ha stretto numerose amicizie grazie al suo carattere generoso e altruista. Ha continuato a lottare, tra dialisi e trapianti, anche quando è stato colpito da un tumore al colon a 55 anni. È stato il Covid a scrivere la parola "fine" nella sua storia. Sempre nel suo testamento Ilario Piccinin ha espresso la volontà che si organizzasse quest'ultimo momento di convivialità e compagnia.


Desidero sia fatta una festa con canti inneggianti alla felicità e non alla tristezza: io ho già pagato il mio contributo di tristezza

Ha scritto Ilario nel suo lascito. «Gradisco essere ricordato con una festa che inneggi a una nuova vita». Dopo una lunga attesa, il suo desiderio è stato esaudito. «È stata una festa molto emozionante», ha dichiarato Simone Giacomet. «Nonostante, a causa di rallentamenti burocratici, siano trascorsi 2 anni e mezzo dalla sua scomparsa. Oltre ai parenti hanno presenziato il primario del reparto accompagnato da altri medici e infermieri, alcuni dei quali non più in forza ma molto affezionati al caro Ilario».

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Il Gazzettino