Lo strappo sui test rapidi: ok in Sardegna non in Veneto

Lo strappo sui test rapidi: ok in Sardegna non in Veneto
VENEZIA - Ha detto Luca Zaia: «Ho tentato fino in fondo di fare squadra, dopodiché la situazione è stata di continui attacchi». Ha ribattuto Andrea...

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VENEZIA - Ha detto Luca Zaia: «Ho tentato fino in fondo di fare squadra, dopodiché la situazione è stata di continui attacchi». Ha ribattuto Andrea Crisanti: «Sono contento di non aver fatto più squadra, perché stavano sbagliando, ho esercitato il mio diritto di critica scientifica». A dimostrarlo sono i numeri: il microbiologo ha partecipato solo a 5 sedute del Cts regionale, fra marzo del 2020 e gennaio del 2021, fornendo pareri soltanto su 7 dei 57 provvedimenti complessivamente assunti in quell'arco di tempo, dopodiché ha preso le distanze dalla Regione, mentre diversi altri componenti hanno registrato il 100% di presenze e documenti. Lo strappo definitivo si è consumato sull'utilizzo dei tamponi rapidi negli screening, all'epoca (e tuttora) contestato dallo scienziato in Veneto, ma da lui sostenuto in Sardegna.


LA CAMPAGNA
Va premesso che al tempo le due regioni presentavano situazioni epidemiologiche diverse. Il 22 dicembre 2020, quando Crisanti presentò l'operazione Sardi e sicuri insieme al governatore Christian Solinas, la Sardegna contabilizzava 184 nuovi casi (con 2.987 test: tasso di positività 6,16%) contro i 3.082 del Veneto (su 59.906 controlli, fra molecolari e antigenici: 5,14%). Per quanto avesse un terzo della popolazione, l'isola registrava quel giorno altri 12 decessi, a fronte dei 150 veneti.
Ad ogni modo anche a Cagliari la seconda ondata suscitava preoccupazione, a causa della portata «quattordici volte superiore alla prima», come stimato dall'assessore Mario Nieddu. Perciò l'Azienda tutela salute Sardegna aveva attuato il progetto, «con il coordinamento scientifico e metodologico del prof. Crisanti dell'Università di Padova» (attraverso una «collaborazione a titolo gratuito», come scriveva l'allora commissario straordinario Massimo Temussi): «La campagna di screening della popolazione diviene strategica per una riduzione marcata della circolazione virale mediante l'uso dei tamponi antigenici rapidi e la conferma dei soggetti positivi con tamponi molecolari».
LA SENSIBILITÀ
Crisanti aveva così motivato l'impiego degli antigenici: «Hanno circa il 70% di sensibilità, per cui se abbiamo mille positivi ci permettono di intercettarne 700. I test rapidi hanno il pregio di alleggerire il servizio di tracciamento». Quali kit? Non quelli dell'americana Abbott, finiti sotto la lente della Procura di Padova, che dopo l'esposto dello stesso scienziato ha chiesto il rinvio a giudizio di Roberto Rigoli e Patrizia Simionato. La delibera dell'Ats Sardegna cita l'acquisto di 1,3 milioni di tamponi rapidi forniti dalla cinese Joysbio, utilizzati per monitorare la popolazione a campione attraverso due giri a distanza di una settimana, con l'indicazione di eseguire il molecolare sui contatti dei positivi.

Il duro giudizio di Crisanti sull'impiego avvenuto in Veneto era duro allora e lo è rimasto ora: l'altro ieri a SkyTg24 l'attuale senatore ha dichiarato che «l'Organizzazione mondiale della sanità, le direttive della Comunità europea e lo stesso foglietto illustrativo dei tamponi dicevano chiaramente che i tamponi antigenici non erano adatti per lo screening: erano adatti soltanto per la diagnosi».

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Il Gazzettino