Scontro sul terzo mandato in Veneto: guerra senza esclusione di colpi tra Forza Italia e Lega

Dopo il nuovo attacco di Flavio Tosi, il Carroccio va alla controffensiva. Stefani evoca Galan: «Zaia ci ha risollevati da anni oscuri»

VENEZIA - Lo scontro sul terzo mandato in Veneto diventa una guerra senza esclusione di colpi tra Forza Italia e Lega. «Io non replico, a un segretario deve replicare un...

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VENEZIA - Lo scontro sul terzo mandato in Veneto diventa una guerra senza esclusione di colpi tra Forza Italia e Lega. «Io non replico, a un segretario deve replicare un segretario», ha liquidato la diatriba il governatore Luca Zaia, preso prontamente in parola dai due leader regionali: nel momento in cui Flavio Tosi è ripartito all’assalto, rispolverando un vecchio video del presidente della Regione, Alberto Stefani ha contrattaccato, rivangando (pur senza citarlo) lo scandalo Mose che investì il predecessore Giancarlo Galan. A tutti gli effetti una resa dei conti, tradotta anche nella maratona di bilancio: a fronte della direttiva leghista anti-emendamenti, emanata dopo il caso asili sollevato da Nicola Finco e rispettata pure da Fratelli d’Italia per spirito di maggioranza, l’indicazione è stata di bocciare tutti gli ordini del giorno azzurri, compresa la proposta del neo-acquisto Fabrizio Boron. 

IL FILMATO
Tosi ha rilanciato le critiche a Zaia, «che oggi è a scadenza e si batte per eliminare il limite dei due mandati», mentre «nel 2016 in una trasmissione su Rete 4 rivendicava orgoglioso che proprio per sua volontà quel limite era stato inserito per gli assessori della Regione Veneto», ricordando che «fu proprio il Veneto guidato da Zaia, nel 2012, non solo a recepire la legge nazionale sul limite per i governatori, ma ad aggiungerlo, anche per gli assessori regionali». Nel filmato ripescato dal coordinatore azzurro, riferito a una puntata di “Quinta Colonna” dedicata ai vitalizi, Zaia rivendicava il merito della decisione: «Mai nessuno lo dice, ma in Veneto su mia volontà è stato introdotto anche nello statuto il blocco dei mandati. Uno fa due mandati e poi è a casa (con relativo ed eloquente gesto della mano, ndr.). Penso che questo sia un bel segnale». Tosi è così tornato alla carica: «Ribadisco: dov’è oggi la coerenza di Zaia? Perché in passato si ergeva a paladino anti-casta e oggi, pur di continuare a governare, ha cambiato idea e si allea persino con la sinistra, cioè i governatori del Pd De Luca, Emiliano e Bonaccini? Non è la cosa più elegante cambiare posizioni in base alla convenienza del momento».

I TRE PUNTI
Stefani ha ribattuto a muso duro, con una controffensiva articolata in tre punti, che ha preso di mira anche il leader nazionale Antonio Tajani . Il primo: «Saranno i veneti a scegliere il prossimo governatore, di certo senza veti politici calati dall’alto o scelte di terzi. Questo nella piena trasparenza. Forza Italia dovrebbe pensare all’interesse dei veneti e non ad attacchi interni al centrodestra, visto che si dicono “alleati”, si comportino da alleati». Il secondo: «Abbiamo grandi sfide davanti: il tema dell’autonomia, siamo ad un passo dal voto finale al Senato; le grandi opere; il futuro in materia socio-assistenziale. Qui non siamo ai tavoli romani, siamo in Veneto, abbiamo solo tempo per portare a casa risultati per il Veneto e per i veneti. Questi attacchi da Forza Italia e da Tajani mi sembrano quantomeno fuori luogo. Se poi qualcuno ha interesse a provocare o litigare, fa una doppia fatica, perché dovrà anche rasserenarsi». Il terzo (e più velenoso): «Zaia ha tenuto alto lo standing della nostra Regione, risollevandola, superando anni difficili e oscuri per la storia politica regionale. I cittadini lo sanno bene e decideranno chi dirigerà il Veneto in autonomia». Un’allusione al Mose e a Galan che probabilmente rappresenta la risposta di Stefani alla domanda che Zaia aveva posto a Tajani, quando gli aveva chiesto cosa intendesse nel momento in cui aveva affermato che «è sano garantire un ricambio nella leadership delle Regioni dopo 10 anni».

I LIMITI


L’argomento accende il dibattito anche nel Governo. Il leghista Roberto Calderoli, titolare delle Autonomie, ha fatto capire da Affaritaliani.it di pensarla come il collega meloniano Guido Crosetto: «Non ci sono limiti per i parlamentari, per i ministri e i presidenti del Consiglio. Non capisco proprio perché si debbano limitare le altre cariche elettive. Teoricamente sarebbe giusto che ciascuna Regione decida per se stessa ed è davvero curioso che un limite venga posto dallo Stato». 
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Il Gazzettino