Venezia. Allarme terrorismo islamico, un caso a settimana, alta attenzione su carceri e scuole

Venezia. Allarme terrorismo islamico, un caso a settimana, alta attenzione su carceri e scuole
VENEZIA - Dal 7 ottobre, com’era prevedibile, l’attenzione si è alzata. Dopo l’inasprimento delle tensioni in Israele non è possibile trascurare...

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VENEZIA - Dal 7 ottobre, com’era prevedibile, l’attenzione si è alzata. Dopo l’inasprimento delle tensioni in Israele non è possibile trascurare nemmeno il minimo segnale. Può sembrare una banalità, ma è il quadro in cui si inserisce il caso del giovane jihadista tunisino individuato a Mestre nei giorni scorsi ed espulso. La questura lagunare riceve, mediamente, una segnalazione a settimana per soggetti potenzialmente legati al terrorismo. Segnalazioni che, poi, devono essere verificate e approfondite. I circuiti da cui provengono sono diversi: uno dei principali, per esempio, è il carcere. Negli ultimi mesi si pone molta attenzione a Santa Maria Maggiore alle esternazioni di chi inneggia ad Hamas o alla “Grande guerra”. Ma ci sono altri atteggiamenti intransigenti che vengono comunque monitorati: chi non vuole ascoltare la musica, chi prega distante dagli altri. 


I CANALI
Oltre al carcere, però, ci sono anche altri numerosi canali: le segnalazioni arrivano anche dalle scuole (i minori, specialmente quelli non accompagnati, non sono esclusi dai radar), o dai vicini di casa. Poi ovviamente ci sono gli alert che arrivano dai Paesi di provenienza. Su questi c’è una attenzione particolare, per quanto riguarda gli altri invece è necessario fare un lavoro di ricostruzione e analisi. Nei mesi scorsi, infatti, è successo anche che qualcuno segnalasse qualche cittadino tunisino come fondamentalista islamico: poi, però, era emerso che era un tentativo di alcuni spacciatori di eliminare un loro rivale per liberare una piazza. 
Non c’è un profilo tipo: basti pensare che il caso più emblematico a Venezia fu quello del 2017, con tre kosovari arrestati ed espulsi mentre stavano progettando un attentato a Rialto. Le nazionalità più segnalate però sono di chi proviene dal Nord Africa e dall’Europa dell’Est. 


I NUMERI


Il caso del 28enne tunisino è emblematico della strategia attuata anche a livello nazionale nell’ambito della prevenzione. Il giovane non aveva fatto nulla, di fatto, che lo potesse collegare a movimenti terroristici. Però la sua condizione immigratoria, mescolata alle sue convinzioni fondamentaliste, ha convinto la Digos e la questura ad accelerare le pratiche di espulsione (pur con provvedimento amministrativo). L’uomo è un takfirista, frangia più estrema dell’islamismo, ideologia alla base dello jihadismo. Il giovane era arrivato a Mestre nell’aprile scorso. Aveva presentato prima richiesta di protezione internazionale, che gli era stata negata. Aveva fatto ricorso: bocciato. Poi aveva presentato richiesta di asilo: negata. Nuovo ricorso, e anche questa volta aveva ricevuto un no. Considerato che l’ideologia radicale era emersa già nel suo Paese, e l’informazione era stata passata da Tunisi a Roma e dalla capitale a Venezia, il 28enne è stato quindi accompagnato al cpr in attesa di essere rimpatriato. Negli ultimi tre anni, a Venezia, si è seguito lo stesso procedimento almeno per un altro paio di episodi analoghi. A livello nazionale, invece, dall’inizio dell’anno sono state circa una decina le espulsioni legate a soggetti sospettati di far parte della rete jihadista. Un sistema di prevenzione spesso invisibile e che raramente finisce nelle statistiche della pubblica sicurezza, ma che evidentemente porta risultati. 
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Il Gazzettino