PORDENONE - Sono trascorsi quasi sei mesi da quella sera del 17 marzo, quando Teresa Costanza, 30 anni, e Trifone Ragone, 28, furono uccisi a colpi di pistola, davanti al...
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«La chiave del giallo magari non è il movente. Magari scopriremo che sono stati uccisi per una sciocchezza». A parlare è stato ieri mattina il procuratore della Repubblica del Tribunale di Pordenone Marco Martani. Ha fatto il punto sulle indagini dopo aver incontrato il capitano Pierluigi Grosseto, comandante del Nucleo investigativo provinciale dei carabinieri, e il luogotenente Gianfranco Tomatis.
Indagini che di giorno in giorno stringono il cerchio, puntando maggiormente su alcune piste ed escludendone altre. «Più che di piste parlerei di ambienti - afferma il capo della Procura pordenonese -, alcuni dei quali si intrecciano tra loro ed è difficile districarli». Indagati non ce ne sono, ma «le ricerche proseguono anche fuori provincia, mentre in caserma si continuano ad ascoltare persone che potrebbero essere utili all’inchiesta». Il procuratore si sofferma poi sull’arma del delitto, «una vecchia semiautomatica 7,65 non più in commercio da decenni, che poteva incepparsi». Il che significa che dietro all’omicidio del caporal maggiore del 132° Reggimento Carri e della fidanzata non ci sarebbe alcuna organizzazione criminale. «L’assassino voleva uccidere. Si è appostato e li ha aspettati. È arrivato da dietro senza dare loro il tempo di capire cosa stava accadendo. Ha puntato la pistola ed ha esploso sei colpi». Uno dietro l’altro: prima Trifone, poi Teresa. Senza esitare. Li ha uccisi freddamente e brutalmente nell’auto parcheggiata vicino alla palestra che entrambi frequentavano. Un mondo, quello della palestra, sul quale gli investigatori continuano a puntare la loro attenzione. E non sembra essere scartato nemmeno il mondo sul quale gravitava Trifone, quello dei militari. Martani parla anche dello staff della criminologa Roberta Bruzzone, alla quale si è rivolta la famiglia di Trifone: «Lavoriamo tutti con lo stesso obiettivo - conclude il procuratore della Repubblica di Pordenone -, se ci sono apporti ben vengano. Quando rientreranno i due sostituti che conducono le indagini, Pier Umberto Vallerin e Matteo Campagnaro, ci sarà probabilmente un incontro».
Un incontro che attendono i genitori di Trifone, Francesco ed Eleonora. La mamma del giovane e bello caporal maggiore che ogni giorno si reca in cimitero per "salutare" il figlio che non c’è più. «Andiamo sempre a trovarlo - conferma al telefono il papà Francesco -. Sappiamo che al rientro dalle ferie incontreremo i due giudici che si occupano dell’inchiesta. Altro non sappiamo perchè siamo fermi ad agosto, ma contiamo di "salire" presto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino