CARBONERA - O lo Stato o gli stipendi, o i soldi al Fisco o alle famiglie degli operai. Una scelta complicata per tanti imprenditori durante gli anni più duri della crisi...
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Risultato: in due anni di imposta, tra il 2012 e il 2013, la società non pagò oltre 400 mila di euro di Iva. Arrivarono le verifiche dell'Agenzia delle entrate, la denuncia e il processo. Finito con una assoluzione. Assistito dall'avvocato Paolo Pastre del Foro di Treviso, Cossu è infatti riuscito a dimostrare che dietro a quella super evasione dell'imposta sul valore aggiunto non c'era la volontà di fregare lo Stato ma una condizione di necessità.
ATTIVITÀ DA SALVARE
«Dovevamo cercare di salvare l'attività - la tesi difensiva - e la forza lavoro era fondamentale». In più nessuno, tra i membri del management se l'era sentita di tagliare i livelli occupazionali o non saldare gli stipendi. «C'erano tante famiglie che ne avrebbero fatto le spese». Quindi a saltare il turno fu lo Stato. Puntando su una riorganizzazione interna e investendo su un gruppo di dipendenti altamente specializzato la Ven.Sol., ex Cotto Veneto, provò a rilanciarsi. Venne individuato anche un investitore straniero che avrebbe potuto, con una importante iniezione di capitali freschi, ridare ossigeno alle finanze. Ma nel 2016 l'esito di un pignoramento decretò la fine di tutto, portando al fallimento. Ma quel quasi mezzo milione di Iva non pagata per il giudice Umberto Donà è un fatto che non costituisce reato.
LA SCELTA
A colpi di documenti della contabilità Cossu e il suo legale hanno dimostrato infatti che l'Iva è stata uno dei pochi debiti non saldati e che gran parte delle risorse continuava a essere messa in attività a pagamento degli stipendi. Una evasione, insomma, di necessità, una scelta dolorosa ma necessaria orientata al male minore. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino