Fragomeni, tangenti a Santa Maria di Sala. «Nelle riunioni per il Covid scoppia il business delle mascherine»

Fragomeni e le tangenti a Santa Maria di Sala. «Nelle riunioni per il Covid scoppia il business delle mascherine»
VENEZIA - Da pochi giorni l'Italia aveva conosciuto la parola lockdown e il 13 marzo 2020 i sindaci dell'area metropolitana di Venezia si sedevano attorno al tavolo...

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VENEZIA - Da pochi giorni l'Italia aveva conosciuto la parola lockdown e il 13 marzo 2020 i sindaci dell'area metropolitana di Venezia si sedevano attorno al tavolo dell'Ulss 3 per una delle prime riunioni della Conferenza dei sindaci. L'appuntamento diventerà quotidiano, alla ricerca delle strategie per contrastare il Covid. Ma secondo il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Antonio Liguori, per Nicola Fragomeni la Conferenza dei sindaci era stata l'occasione di fare un salto di qualità nel commercio delle mascherine distribuite dall'azienda di famiglia, la Fragomeni Group. Scrive il gip: «La sera del 13 marzo 2020 rappresenta un momento cruciale del business dei fratelli Fragomeni, infatti, se sino a quel momento aveva visto coinvolte nel business aziende private, da quel momento in avanti venivano interessate anche aziende pubbliche».

I DUBBI

Tutto nasce da una telefonata intercettata tra Nicola Fragomeni - ex sindaco e ormai presidente dimissionario del Consiglio comunale di Santa Maria di Sala - e il fratello Giovambattista, gestore di fatto dell'azienda di famiglia. Il 10 marzo è lui che prospetta al fratello l'opportunità di importare mascherine da un «tale Tommy, noto ad entrambi» ad un prezzo di 0,56 euro, che c'era la possibilità di importarne 100mila per poi rivenderle anche a 3 euro «con conseguente cospicuo guadagno». Mascherine chirurgiche importate dalla Cina in un momento nel quale la corsa ai dispositivi di protezione individuale era frenetica. L'affare - stando all'ipotesi d'accusa del sostituto procuratore Federica Baccaglini - viene fiutato subito dall'allora sindaco salese. Il primo cliente le acquista a 2,5 euro. Nell'ordinanza però trovano spazio i dubbi sulla provenienza delle mascherine. Nel corso di una telefonata in cui si parla del fornitore, Giovambattista Fragomeni dice al fratello, «che hanno trovato la scatola con la scritta CE e il sindaco: Grande facendo così sorgere - sottolinea il gip - i dubbi circa la regolarità dei dispositivi che andavano ad importare». Sul punto (cioè il marchio della Comunità Europea, garanzia della bontà del prodotto) «il sindaco parlando di una partita di mascherine riferiva al fratello di dire al fornitore Tommy che bisognava fornire altre scatole con la scritta CE».

SALTO DI QUALITÀ

Le cose cambiano dopo la Conferenza dei sindaci del 13 marzo. Nel mirino Fragomeni mette così, una dopo l'altra, Actv, il Comune di Spinea, l'Unione dei Comuni del Miranese, l'Ipab Mariutto, lo stesso Comune di Santa Maria di Sala (di cui era sindaco), Veritas. Ci prova anche con altre, senza riuscirci (Croce Verde di Padova e Ipav Venezia). L'occasione per l'aggancio è sempre la Conferenza dei sindaci, secondo i ruoli individuati dagli inquirenti: «L'accordo illecito» tra i fratelli prevedeva che «il sindaco, forte della sua posizione pubblica e dei rapporti con altri enti statali o società fornitrici di pubblici servizi, aveva il compito di procacciare la clientela; Giovambattista Fragomeni, con la Fragomeni Group, il compito di tessere rapporti con il fornitore estero nonché anticipare le somme necessarie per acquistare e importare il prodotto». Soldi messi, in alcuni casi, dallo stesso Nicola Fragomeni. Dal suo conto il sindaco non vuole fermarsi e parlando con il fratello dell'affare concluso con Andrea Razzini, dg di Veritas, punta anche a Padova. «Tramite Razzini ci fa conoscere il suo parigrado dell'Etra (...) Piuttosto che quella di Treviso, piuttosto che quella di Vicenza...hai capito vecchio? Hanno tutti lo stesso problema», dice Nicola Fragomeni.

IL SISTEMA DI FATTURE

Serviva però mascherare il più possibile il nome di Fragomeni Group. Ecco che i fratelli si inventano il filtro di altre tre aziende, tra cui la Rovi di Ivano Rocco, cognato del sindaco. Sono le tre aziende a emettere fatture per le forniture di Dpi, coprendo così l'impresa di famiglia dei due fratelli.

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Il Gazzettino