Scatta l'emergenza tamponi: code interminabili in ospedale

Scatta l'emergenza tamponi: code interminabili in ospedale
PADOVA C’è chi attende da quasi un’ora sotto il sole, in coda ci sono anche anziani e bimbi piccoli senza mascherina. É boom di richieste di tamponi per...

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PADOVA C’è chi attende da quasi un’ora sotto il sole, in coda ci sono anche anziani e bimbi piccoli senza mascherina. É boom di richieste di tamponi per Coronavirus nel reparto di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliera. Con l’inizio dell’anno scolastico in pochi giorni si è triplicato il numero di genitori che portano i figli al controllo in via Giustiniani. Nel corso della giornata di ieri sono stati eseguiti circa 550 tamponi, di questi ben 150 a bambini di età inferiore a 14 anni. Fino alla settimana scorsa, in media, si sottoponevano al test appena 40 piccoli pazienti al giorno. Un problema che rischia presto di aggravarsi, con l’arrivo dei primi mali di stagione.

L’IMPENNATA
«Abbiamo sempre offerto il servizio di screening ai pazienti sintomatici e con sintomi lievi, oltre che a coloro che dimostravano di essere contatti stretti di soggetti positivi - afferma il direttore di Malattie infettive, la professoressa Annamaria Cattelan - abbiamo garantito il test anche ai cittadini di rientro dai paesi esteri a rischio. Il tutto senza bisogno di prenotazione, assicurando l’esito del tampone dopo pochi giorni o addirittura poche ore nei casi più delicati. Venerdì scorso e lunedì abbiamo notato un considerevole aumento dell’afflusso, lo abbiamo fatto presente alla direzione che ci ha già dotato di quattro nuovi infermieri. É però necessario trovare un piano comune a lungo termine. Finora siamo stati di supporto al territorio, dove i tamponi vengono invece effettuati su prenotazione, eccetto per coloro che tornano dall’estero. Spesso i cittadini scelgono l’Azienda ospedaliera perché sperano di risolvere tutto in poche ore».
La crescita più evidente si nota in ambito pediatrico. «Molti bambini giungono sin qui con l’impegnativa dei pediatri di libera scelta - aggiunge Cattelan - finora abbiamo gestito al meglio il flusso con un percorso veloce a loro dedicato. Adesso i numeri sono improvvisamente cambiati e bisogna riadattare il servizio. Da quaranta bimbi al giorno siamo passati a 150. Se in futuro saranno disponibili i test rapidi negli ambulatori dei pediatri, questo problema forse non sussisterà più».

A lanciare l’allarme sono i sindacati del personale sanitario, che puntano il dito contro un rischio contagio per i pazienti in attesa in coda all’esterno del reparto. L’accusa arriva da Alessandra Stivali della Cgil, Achille Pagliaro della Cisl e Luigi Spada della Uil. «Le persone spesso sono ammassate nelle poche aree di ombra per trovare riparo dal caldo – racconta Pagliaro - in queste condizioni non è possibile mantenere il distanziamento. Non c’è nemmeno un ordine ben preciso a causa delle modalità di esecuzione del tampone: si prende un numero in una stanza, si esce e si attende che venga fatta la lista, poi si fa il tampone da un’altra parte. L’entrata e l’uscita è la stessa. Ci sono tantissimi bambini da uno a sei anni senza mascherina, accanto a soggetti defedati, anziani in carrozzina e immunodepressi. Ci domandiamo come sia possibile far stare in uno spazio così limitato tutti, senza prevedere nemmeno una tensostruttura». I sindacati sono in stato di agitazione e hanno inviato una lettera al Prefetto, tra le preoccupazioni c’è anche il blocco dell’accordo sulla produttività, sul part-time e sul bonus Covid. «Se l’ospedale non si riorganizza – dice Stivali – andremo incontro a gravi problemi con la riapertura delle scuole, i bambini rischiano di ammalarsi e bisogna garantire un servizio per il bene di tutti». La situazione sembra insostenibile. «Manca un centro di coordinamento tra Ulss 6, distretti e Azienda ospedaliera – ammette Spada - vedere adulti e bambini seduti per terra sul marciapiede, sotto il sole, in un ospedale di terzo livello è inaccettabile. Ci deve essere una sinergia: quando arriverà l’autunno vedremo migliaia di persone buttate qua in Azienda ospedaliera?».
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Il Gazzettino