FELTRE (BELLUNO) - «A tua figlia ci penserà Allah», avrebbe ripetuto in più occasioni al papà della tabaccaia di via Dante facendo il segno del...
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È difeso dall'avvocato Paolo Serrangeli, studio XXXI Ottobre, di Feltre: ieri però il legale non era presente, impegnato in una udienza conclusiva al Tribunale militare di Verona. Aveva chiesto un rinvio, ma il giudice ha deciso di procedere e è stato nominato come difensore l'avvocato Francesco Rasera Berna. La tabaccaia e il padre, sono costituiti parte civile con l'avvocato Alberto Cilia di Feltre: nell'udienza preliminare avevano chiesto danni per 20mila euro (10mila ciascuno).
L'INCUBO
I fatti, che si stanno ricostruendo nel processo sarebbero iniziati il 31 maggio 2018. Quel giorno ci sarebbe stato un primo scontro. Il tabaccaio e la figlia avevano appena rilevato l'attività del precedente proprietario, che li aveva messi in guardia rispetto a quel ragazzo e che ha raccontato anche ieri in aula i problemi che lui stesso aveva avuto. Li aveva avvisati che il marocchino infastidiva i clienti e di prestare attenzione. «Quando c'ero io - ha raccontato ieri l'ex titolare Maurizio Zatta - passava davanti all'attività, non si curava delle persone, sputava per terra. È sempre stato un soggetto particolare con atteggiamenti strani e provocatori».
LE MOLESTIE
Tanto che, in più di un'occasione, avrebbe anche importunato delle donne che andavano a prendere le sigarette al distributore automatico. Un giorno si sarebbe presentato in pantaloni corti e, come spiegato anche ieri in aula dal papà della tabaccaia, avrebbe esibito le sue parti intime. Quel giorno ne sarebbe nata anche un'aggressione e le presunte vittime, padre e figlia, sono stati entrambi denunciati per lesioni aggravate. «Quel giorno - ha detto ieri un'amica della tabaccaia che era presente - il marocchino si era calato e diceva che lui nella sua proprietà poteva fare quello che voleva. Poi ha chiamato i carabinieri e diceva che lo avevano minacciato con la mazza: ma nessuno aveva visto quella mazza».
TESTE CHIAVE
Da brividi il racconto della tabaccaia. «Mi minacciava in continuazione - ha detto - facendo il segno della pistola con le mani o del taglio della gola. Mi aveva puntata e mi aspettava fuori di casa: mi incuteva timore, tanto che sono stata costretta ad avere con me sempre mio padre, che mi accompagnava e controllava di continuo. Viaggiavo praticamente con la scorta ogni volta». Chilali avrebbe anche tappezzato il camper della famiglia della tabaccaia di preservativi aperti. Ieri ha parlato anche il padre della tabaccaia, che non ha nascosto di aver usato parole grosse, esasperato dalla situazione. «Gli dissi: tu non tocchi la mia famiglia, se tocchi la mia famiglia te la devi vedere con me», e non ha escluso di aver detto ti ammazzo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino