Moglie e marito si sono uccisi, ultimi rilievi per concludere l'inchiesta

La casa teatro del doppio suicidio a Rovigo
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ROVIGO Una storia dolorosa sulla quale, anche se la dinamica appare estremamente chiara e non sembra aleggiare alcun dubbio, si continua a indagare. O meglio, si attendono le conclusioni di tutti i riscontri tecnico-scientifici per verificare l’esatta corrispondenza fra gli accertamenti che sono stati scrupolosamente avviati e la ricostruzione subito emersa di una tragedia in due atti. La moglie che si toglie la vita con un gesto estremo, sparandosi, e il marito che rientra per pranzo, la trova a terra, in camera, ai piedi del letto, ormai senza vita, e compie a sua volta lo stesso gesto, con la stessa pistola. Una pistola piccola, una Beretta PX4 Storm calibro 9x21, a canna corta, che era regolarmente denunciata e detenuta per uso sportivo, perché marito e moglie avevano una passione comune per le armi e fino a pochi anni fa andavano insieme anche al poligono. Due soli colpi. Altrettante vittime.


LA DEPRESSIONE
La duplice morte di Eleonora Pozzato, nata a Lusia, 60 anni, e di Luigino Ferrante, 64 anni, elettricista, non ha aspetti da giallo, ma resterà difficile da comprendere nella sua genesi. La donna, in passato, aveva già attraversato un periodo di forte depressione, arrivando a tentare gesti di natura suicidiaria per due volte. E il marito aveva già, nemmeno troppo velatamente, lasciato capire che in caso di morte della moglie, l’avrebbe seguita. Sembrava qualcosa di superato, di lontano e remoto. Invece giovedì si è drammaticamente riproposto. Secondo una prima sommaria indicazione del medico legale, la morte della 60enne potrebbe essere avvenuta di prima mattina. Probabilmente proprio poco tempo dopo che il marito era uscito per andare al lavoro, insieme al fratello.

CHIAMATE DISPERATE
Anche se già in pensione, dopo aver lavorato all’Elettromeccanica Veneta, il 64enne continuava a lavorare in proprio. Amava il proprio lavoro. Così come amava la moglie. Alla cui morte ha fatto seguire la propria. Prima, però, ha fatto due telefonate. Una al fratello Luciano, che era stato con lui fino a pochi istanti prima, e una alla figlia Laura, 41 anni, che da quando si è sposata, ormai oltre cinque anni fa, vive a Cerveteri. A entrambi ha detto più o meno le stesse angoscianti parole: «Eleonora si è uccisa, la faccio finita anch’io, chiedo scusa, mi dispiace, ma non posso vivere senza di lei, era tutta la mia vita». Poi, si è steso sul letto e ha premuto il grilletto. Il fratello è corso a casa loro, in via Concilio Vaticano II, e ha subito chiamato il 112, ma era troppo tardi. Il 64enne era sul letto, agonizzante, ma nonostante le manovre rianimatorie dei medici del Suem subito accorsi e il trasporto in ospedale, la gravità delle lesioni non gli ha permesso di sopravvivere più di qualche ora.

L’INCHIESTA
Delle indagini si è subito occupata la Squadra mobile, guidata dal commissario capo Gianluca Gentiluomo. Come spiegato ieri dalla Questura in una nota, «da un primo sopralluogo, e da quanto dichiarato dal medico legale, la scena non presentava alcun elemento che possa sconfessare quanto dichiarato dai parenti. Entrambi i coniugi erano incensurati. Sono in corso ulteriori indagini volte a chiarire la dinamica dell’accaduto».

A coordinare l’inchiesta è il sostituto procuratore Sabrina Duò. Fra gli accertamenti in corso, quelli sui telefoni di marito e moglie, anche per avere riscontri precisi sugli orari e sulle registrazioni della telecamere di videosorveglianza, che l’elettricista aveva installato all’ingresso della propria abitazione. Si attende, poi, anche l’esito dell’esame stubb sulla donna, quello che un tempo era il cosiddetto “guanto di paraffina” e che oggi è effettuato con un tampone, che serve a verificare se effettivamente una persona abbia sparato o meno. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino