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VERONA - Si toglie la vita in carcere a Montorio a 27 anni. E' la tremenda fine di Donatela, nata in albania e finita dietro le sbarre per una serie di reati, fra i quali la rapina impropria. La giovane, tossicodipendente, aspettava di uscire per entrare in una cominità per disintossicarsi. Ma non è andata così, la giovane ha scritto una lettera al fidanzato e poi si è uccisa. La Procura ha aperto un’inchiesta e disposto l’autopsia per comprendere dinamica ed eventuali responsabilità.
«In questa tremenda estate di suicidi in carcere quello a Verona della giovane tossicodipendente rileva una verità che in tanti vorrebbero occultare: le droghe sono la causa del 35% dell'ingresso in carcere». Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo sottolineando che resta ai livelli più alti degli ultimi 15 anni la presenza di detenuti definiti «tossicodipendenti»: sono circa 18mila, poco meno del 30% del totale. Altri 6mila in associazione con l'art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, 9%), un migliaio esclusivamente per l'art. 74 (1,5%). È una presenza, che resta maggiore anche rispetto al picco post applicazione della Fini-Giovanardi (27,57% nel 2007), alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone «tossicodipendenti».
«Come sindacato - conclude - è da tempo che abbiamo proposto l'istituzione di Sportelli di sostegno psicologico, tanto più contando su almeno 3 mila laureati in psicologia che nel nostro Paese non lavorano con continuità. Come per il personale penitenziario che continua a dare prova di impegno civico è sicuramente utile attivare corsi di formazione ed aggiornamento per essere maggiormente preparati ad affrontare casi di autolesionismo e suicidio, oltre naturalmente a provvedere rapidamente all'atteso potenziamento degli organici. Lo Stato avrebbe dovuto aiutare la giovane donna suicida a Verona che, come da segnali comprensibili, aveva bisogno di sostegni ed invece non è riuscito a garantirne la vita. È una colpa gravissima questa di aver rinunciato ai suoi doveri civici. Sminuire o nascondere la verità può solo portare ad un'ulteriore sottovalutazione e a complicare le problematiche esistenti per la salute della popolazione carceraria e di chi lavora».
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