Venezia. Donadio a giudizio: fatture false per la coop coinvolta nell'inchiesta sui subappalti a Fincantieri

Avrebbe firmato false fatture per la Gold Bengol, permettendole di evadere il fisco

Luciano Donadio
VENEZIA - In attesa di capire il proprio destino nel processo in cui è considerato il capomafia dei casalesi a Eraclea, tanto che sulla sua testa pende una richiesta di...

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VENEZIA - In attesa di capire il proprio destino nel processo in cui è considerato il capomafia dei casalesi a Eraclea, tanto che sulla sua testa pende una richiesta di condanna a 30 anni, ieri pomeriggio Luciano Donadio è stato rinviato a giudizio per una serie di false fatture emesse per favorire la cooperativa Gold Bengol e il suo titolare, l'imprenditore bengalese Kamruzzaman Bhuiyan Atm, accusato di caporalato in una delle tante ramificazioni della maxi inchiesta sui subappalti e sullo sfruttamento a Fincantieri. Bhuiyan è stato dichiarato irreperibile, il processo per lui è stato sospeso ma se dovesse essere trovato entro il 2047, il dibattimento riprenderà.

Gli altri "casalesi"

Insieme a Donadio affronteranno il processo - prima udienza il 19 settembre - altri imputati coinvolti nel dibattimento sui casalesi di Eraclea, che dovrebbe arrivare a sentenza a inizio della prossima settimana: il consulente del lavoro Angelo Di Corrado (nei suoi confronti l'Antimafia ha chiesto 4 anni e 8 mesi); il padre Bruno Di Corrado - per cui nel processo in aula bunker è stata avanzata la proposta di assoluzione - e Franco Breda, 56 anni di Vazzola (Treviso) a rischio di una condanna a 12 anni e 9 mesi per aver fatto parte del gruppo guidato da Donadio. Chi invece uscirà dal processo sulle false fatture con un patteggiamento che dovrà essere messo nero su bianco, è Girolamo Arena, collaboratore di giustizia e ritenuto un importante anello di congiunzione tra la camorra dei casalesi e la 'ndrangheta calabrese, e che la sua posizione nell'inchiesta dei casalesi l'ha chiusa con una condanna definitiva a 5 anni e 4 mesi in abbreviato.

Mai eseguiti

Completano l'elenco dei sette rinviati a giudizio per false fatture nell'inchiesta che ruota attorno alla Gold Bengol, Sara Dolo, 44 anni di Noventa di Piave (Venezia), Berardino Notarfrancesco, 43 anni di Eraclea (Venezia) e Graziano Rossato, 64 anni di Mirano (Venezia). L'accusa è quella di aver firmato decine e decine di fatture per operazioni e lavori inesistenti, utili alla Gold Bengol con le quali poter evadere il fisco. Nell'ipotesi accusatoria il presunto boss dei casalesi avrebbe firmato - attraverso le sue società - sette fatture dal valore totale di 83.340 euro. Ventidue sono invece le fatture contestate ad Angelo e Bruno Di Corrado con un importo che raggiunge i 319.322 euro. Tutti documenti fiscali che sono stati emessi tra il 2017 e il 2018, periodo nel quale Donadio - e i suoi - cercavano di infilarsi nelle fessure lasciate libere dai subappalti nei cantieri navali di Marghera.

Lo sfruttamento

L'inchiesta nasce come troncone del fascicolo principale con il quale nel 2019 la guardia di finanza e il pubblico ministero Giorgio Gava scoperchiavano lo sfruttamento dei dipendenti delle società in subappalto. Sotto la lente della procura, il sistema della paga globale: tra i 5 e i 7 euro all'ora senza ferie, straordinari, lavoro notturno, tredicesima. 

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Il Gazzettino