La studentessa famosa per il discorso sui suicidi: «Ho denunciato il posto in cui lavoravo in nero, è un ricatto tra avere uno stipendio o dei diritti»

Studenti di Padova in protesta. A destra la rappresentante Emma Ruzzon
PADOVA - Arriva forte e chiara la voce di Emma Ruzzon, rappresentante degli studenti dell'università di Padova, contro i datori di lavoro: «Ho denunciato il...

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PADOVA - Arriva forte e chiara la voce di Emma Ruzzon, rappresentante degli studenti dell'università di Padova, contro i datori di lavoro: «Ho denunciato il posto in cui lavoravo perché lo facevo in nero». La sua è una denuncia sociale, oltre che legale, sul rapporto tra giovani e il mondo dell'occupazione, soprattutto per quella sfera di ragazzi costretti in qualche modo a sostenersi per gli studi.

La ragazza aveva acceso una luce sulle storie dei ragazzi e delle ragazze che si erano tolti la vita per via delle difficoltà riscontrate negli studi o perché schiacciati dal peso delle aspettative sociali e familiari. «Ci viene restituito il quadro di una realtà che fa male, celebrate eccellenze straordinarie, facendoci credere che debbano essere ordinarie, normali. Sentiamo il peso di aspettative asfissianti che non tengono in considerazione il bisogno umano di procedere con i propri tempi, con i propri modi», aveva detto Ruzzon.

«Non è stato facile perché in questi giorni ho iniziato ad avere un po' di paura di non trovare più un lavoro nell'immediato - prosegue Emma Ruzzon su instagram - ma allo stesso tempo mi rendo conto di essere in una condizione privilegiata perché ho potuto correre il rischio di aspettare due mesi prima di avere una certezza e quindi di non cedere al ricatto fra diritti e stipendio».

La ragazza si riferisce poi al pensiero comune: «Ho pensato quanto sia assurdo che anche questo sia considerato un privilegio. C'è una differenza enorma tra la narrazione del lavoro giovanile e la realtà. Spessissimo veniamo definiti come una generazione pigra, che non ha voglia di lavorare o che non riesce a cogliere le opportunità - prosegue - quando basta farsi un giro nelle città universitarie per rendersi conto che chi ti serve il caffè, chi ti porta la pizza, chi sposta scatole nei magazzini è molto spesso un giovane o uno studente. E non pensate che lo facciano per avere qualche soldo in più per divertirsi, perché fanno chiusura la notte e di giorno vanno a lezione».

La riflessione dunque si sposta sulle cause: «Perché tutto questo? Perché ormai è impensabile studiare senza lavorare: gli affitti arrivano a costare 600€ al mese - per una stanza ndr - i libri costano, i trasporti costano e le stesse università costano».

E sul lavoro in nero: «Poi molti pensano che lavorare in noro faccia comodo anche a noi, non è così. Non ci fa comodo non sapere quanto ci entrerà ogni mese o che se ci ammaliamo rimarremo senza stipendio. Siamo sotto ricatto. L'ulimo contratto che mi è stato proposto conteggiava un quinto delle ore che avrei fatto. Questo sistemna è malato ed è stato normalizzato. La politica si nasconde: per noi giovani è ora di dire basta».

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Il Gazzettino