Nuova stretta, baristi e ristoratori sul piede di guerra: "Con queste regole molti chiuderanno"

Un bar in provincia
PORDENONE - «Sarebbero serviti maggiori controlli prima. Sia sulla cosiddetta movida, ma anche sui trasporti pubblici scolastici. Ora che la situazione si sta aggravando si...

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PORDENONE - «Sarebbero serviti maggiori controlli prima. Sia sulla cosiddetta movida, ma anche sui trasporti pubblici scolastici. Ora che la situazione si sta aggravando si agisce con restrizioni e limiti che penalizzano un intero settore, già per altro in difficoltà». È molto preoccupato Pier Dal Mas, presidente provinciale dei ristoratori di Confcommercio, dopo l’undicesmo Dpcm del governo che da ieri limita le attività di ristoranti, bar, pizzerie a latri locali. «Ormai lavoriamo senza alcuna certezza. Siamo diventate le categorie più bersagliate. A rimetterci saranno molti, soprattutto i locali più piccoli che hanno pochi tavoli e lavorano molto al banco. Non è sufficiente prevedere la chiusura alle 24, se dalle 18 di fatto non mi fai più lavorare», allarga le braccia sconsolato il presidente della Fipe (Federazione italiana pubblici esercenti) dell’Ascom pordenonese. Lo stp a mezzanotte, ma con l’obbligo dei servizi solo al tavolo dalle 18 mette un nuovo freno alle attività di ristorazione e ai bar. Inoltre, il limite delle sei persone per tavolo e l’obbligo di esporre un cartello esterno con il numero di posti disponibili non viene visto troppo di buon occhio dalle categorie interessate. 


TROPPI DUBBI
Ma il vero timore, che viene visto con un autentico incubo, dell’intero settore è quello che nelle prossime settimane si possa giungere a un nuovo lockdown. «Con l’ultimo provvedimento del governo - è la paura di Dal Mas - si ha un po’ l’impressione di essere di fronte a delle prime “prove generali”. Potrebbe essere che, visto l’aumento dei contagi, che stiano pensando a un nuovo blocco per dicembre. Spero di sbagliarmi, ma questa è la sensazione che respiro anche tra molti miei colleghi». Ed è proprio sull’incertezza, su quello che definisce un “tirare a campare giorno per giorno” che il rappresentante dei ristoratori insiste. «Se la nuova regola dei sei coperti per tavolo è chiara, non si sa ancora bene come ci deve comportare con le cerimonie, come lauree e cresime, fino a trenta persone. Sembra, ma appunto non è chiaro, che con le regole del distanziamento si possano fare. Troviamo poi abbastanza assurdo esporre le liste esterne, paradossalmente poi c’è il rischio che si formino le code di gente». Incertezza e difficoltà anche per quei locali che hanno piccole sale convegni. «Tutta l’attività convegnistica salterà. Senza contare poi chi, nelle aree montane, si stava preparando alla stagione turistica invernale magari con qualche assunzione. Come fai ad assumere - si chide Dal Mas - se poi andiamo verso il lockdown?».
BAR E PUB

La filiera della ristorazione e dei bar dei centri urbani era già in sofferenza anche per l’assenza dei molti impiegati ancora in smart-working. «Ora - sottolinea Fabio Cadamuro - con queste nuove restrizione legate all’orario e al numero di persone che possono stare esclusivamente ai tavoli pagheranno di più le attività più piccole che magari hanno pochi tavoli. Inoltre, il limite alle 18 per alcuni tipi di attività è davvero penalizzante per chi apre proprio a quell’ora. In diversi mi hanno già detto “a questo punto tanto vale che chiuda o che mi reinvento qualcos’altro la mattina”. Insomma, la categoria ancora una volta si ritiene penalizzata. «E non crediamo molto ai ristori e ai contributi che hanno promesso. Sarebbe meglio fare più controlli dove ci sono gli assembramenti e lasciarci lavorare. Anche perché da maggio la stragrande maggioranza degli operatori ha rispettato le regole».

 

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Il Gazzettino