Moria di pesci nel Gresal: il responsabile tradito dai segni del suo trattore. Ecco cosa ha riversato nel torrente

Pesci morti nel Gresal
SEDICO - I segni inconfondibili lasciati dagli pneumatici di un trattore e gli arbusti lì a fianco abbattuti dalla posa di un tubo sulla sponda del Gresal, sono la firma...

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SEDICO - I segni inconfondibili lasciati dagli pneumatici di un trattore e gli arbusti lì a fianco abbattuti dalla posa di un tubo sulla sponda del Gresal, sono la firma che incastra un agricoltore con terreni confinanti con il rio all’inizio di via del Boscon. Sarebbe lui il responsabile della moria di pesci soffocati dopo lo sversamento di liquami provenienti dalla sua cisterna dopo averla lavata: avrebbe usato il torrente come scarico del lavaggio e disinfezione del contenitore. 


LA SCOPERTA
Lo hanno scovato ieri mattina il presidente della Riserva di pesca numero 9 Antonio Doglioni con i tecnici dell’Arpav e gli agenti della Polizia provinciale. Non è stato difficile: hanno risalito l’asta di due affluenti del Gresal e ad un certo punto, poco prima di Prapavei hanno notato perpendicolari vicino alla sponda, le tracce fresche lasciate sul terreno da un trattore e la sterpaglia nei pressi abbattuta come se vi fosse stata posata sopra una tubatura. Doglioni, agenti e tecnici si sono quindi lasciati alle spalle il torrente e seguendo le tracce del trattore hanno raggiunto il punto da cui era partito, una fattoria con proprietà confinanti proprio con il torrente.


LA SPIEGAZIONE
L’agricoltore si sarebbe giustificato spiegando di aver disseminato il liquame residuo, ma sul campo dando poi la colpa dello sversamento nel torrente alla pioggia che lo avrebbe fatto scivolare in acqua. La Polizia provinciale sta proseguendo l’indagine, verificando tutte le circostanze, ma gli elementi sino ad ora acquisiti non lascerebbero molti margini al dubbio. Anche perchè la pioggia caduta in quelle ore sarebbe stata debole e non tale da trascinare i liquami nel fiume. Un altro fattore emerso nel corso del sopralluogo di ieri è il fatto che appena poco più a monte del punto in cui sono evidenti le tracce degli pneumatici del trattore, verso Prapavei, i pesci sono vivi e vegeti. «È morto il 95 per cento della fauna ittica -spiega Doglioni- un danno incalcolabile anche in prospettiva: per ricostituire la microfauna che costituisce il loro alimento sarà necessario un lungo periodo, l’equilibrio qui è sempre molto delicato». 


I RISVOLTI


La Riserva ora sta valutando se costituirsi parte civile per chiedere i danni, ma Doglioni è pessimista. «Situazioni analoghe in passato si erano concluse con una multa a carico del responsabile, qualche centinaio di euro -conclude il presidente- questa volta il danno è ben peggiore con possibili risvolti anche in sede penale». Nelle prossime ore, con la conclusione delle indagini da parte della Polizia provinciale, il quadro potrebbe avere contorni più definiti e determinare così anche la richiesta danni da parte della Riserva. L’allarme era partito da alcuni residenti della zona per la puzza provocata dai pesci morti uccisi dai liquami. Ieri le operazioni di pulizia e di rimozione delle carcasse sono state ultimate, ma servirà molto più tempo per restituire al sito l’equilibrio ambientale di quell’ecosistema. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino