Venezia, allarme stagionali: manca il personale. «Colpa delle imprese: stipendi bassi, orari lunghi e contratti precari»

Venezia, allarme stagionali: manca il personale. «Colpa delle imprese: stipendi bassi, orari lunghi e contratti precari»
VENEZIA - 153.500: sono questi i posti di lavoro a termine che nel solo Veneto sono da ricondurre a lavori stagionali. Secondo i dati di Veneto Lavoro (Osservatorio su...

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VENEZIA - 153.500: sono questi i posti di lavoro a termine che nel solo Veneto sono da ricondurre a lavori stagionali. Secondo i dati di Veneto Lavoro (Osservatorio su caratteristiche strutturali e articolazione della domanda e dell'offerta di lavoro stagionale, febbraio 2022), infatti, delle 627mila assunzioni con contratti a tempo determinato, di apprendistato o lavoro intermittente, il 25% è da ricondurre ad attività stagionali, in prevalenza legate a turismo (70mila), agricoltura (51mila) o industria alimentare (6.300).

Allarme stagionali, manca il personale: «Colpa delle imprese»

Stagionali che, però, quest'anno sembrano introvabili: di chi è la maggiore responsabilità? Secondo le elaborazioni di Demos per l'Osservatorio sul Nord Est, la maggioranza (relativa, 49%) degli intervistati di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e della provincia di Trento punta il dito sulle condizioni offerte dalle imprese: stipendi bassi, orari lunghi e contratti precari terrebbero lontani i potenziali lavoratori. Il 40%, invece, individua nel reddito di cittadinanza la principale ragione: godere di un assegno garantito renderebbe meno appetibile un lavoro a tempo. Una minoranza (11%), poi, guarda ai lavoratori stessi: a tenerli lontani dagli impieghi stagionali sarebbero un maggiore accento sulla vita privata e minore propensione al sacrificio.

Queste - è bene ribadirlo - sono opinioni, e come tali servono solo a comprendere quali siano gli orientamenti dell'opinione pubblica sul tema. E come si caratterizzano questi orientamenti? Il profilo di quanti attribuiscono la responsabilità principale alle imprese e alle condizioni di lavoro che offrono mostra una componente anagraficamente trasversale, che mette insieme giovani con meno di 25 anni (67%) e quanti hanno tra i 25 e i 34 anni (62%), persone di età centrale (35-44 anni, 55%) e adulti tra i 55 e i 64 anni (54%). Dal punto di vista socioprofessionale, invece, percentuali superiori alla media di consenso verso questa idea sono rintracciabili tra operai (54%) e impiegati (52%), anche se è tra studenti e disoccupati - le due categorie che forse più di altre possono essersi sentite chiamate in causa dal tema del lavoro stagionale - che rintracciamo le quote più ampie: rispettivamente, 77 e 76%.

Analizziamo ora il profilo di chi individua nel reddito di cittadinanza la maggiore responsabilità nella carenza di lavoratori stagionali. In questo caso, sono le persone più anziane (58%), insieme ai pensionati e liberi professionisti (entrambi 55%) a individuare in questo strumento la causa della carenza di lavoratori. Un discorso a parte lo meritano gli imprenditori e i lavoratori autonomi: tra di loro, la maggioranza (relativa, 45%) individua nel reddito di cittadinanza la causa di carenza di manodopera stagionale, ma una quota piuttosto simile (41%) ritiene il problema sia nelle imprese e nelle condizioni di lavoro offerte.

Su questo tema, infine, si divide anche la politica: gli elettori di Pd (60%), M5s (74%) e +Eu con Azione (83%) attribuiscono alle imprese le maggiori responsabilità, per la carenza di stagionali mentre l'area di centrodestra - Lega (62%), Forza Italia (73%) e FdI (65%) - appare compatta nel puntare il dito verso il reddito di cittadinanza.

 

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Il Gazzettino