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SPRESIANO - Un delitto d’impeto: la Procura ne è convinta. Non c’è premeditazione nell’omicidio di Anica Panfile, la 30enne romena uccisa il 18 maggio scorso e trovata tre giorni dopo in riva al Piave. Franco Battaggia, arrestato martedì e ora in carcere con l’accusa di omicidio volontario e tentata soppressione di cadavere, avrebbe agito spinto da un impulso improvviso. Probabilmente al culmine di una lite scoppiata per un debito che potrebbe essere legato alla droga, di cui entrambi erano assuntori. Un litigio forse amplificato proprio dall’effetto di stupefacenti, e purtroppo sfuggito di mano. Una cosa però è certa: non si è trattato di un omicidio preterintenzionale. L’aggressore non l’ha uccisa per sbaglio, come “effetto collaterale” di un pestaggio. «Il fatto che l’assassino, dopo averla colpita più volte alla testa le abbia premuto una mano sulla bocca e sul naso fino a soffocarla è indice che voleva ucciderla - spiega il procuratore Marco Martani -. Per noi si tratta di omicidio volontario. Senza premeditazione: un delitto d’impeto».
DEBITI E DROGA
Anica, cuoca all’Israa e mamma di quattro bambini, non navigava nell’oro. E faceva uso di cocaina, come emerso dalla relazione autoptica finale depositata nei giorni scorsi dal medico legale Antonello Cirnelli. Anche quando è stata uccisa era sotto l’effetto della polvere bianca. Proprio la dipendenza potrebbe averla messa nei guai con qualche debito di troppo. Tanto da spingerla a chiedere denaro al “re del pesce” per cui aveva lavorato per anni nella pescheria “El Tiburon” di Spresiano.
Battaggia stesso aveva riferito agli inquirenti di aver incontrato la donna il 18 maggio a Santa Bona. In quell’occasione Anica gli avrebbe chiesto 10mila euro per saldare un debito. Lui gliene avrebbe consegnati la metà, nella sua villetta di Arcade, dove secondo gli inquirenti sarebbe avvenuto l’omicidio. A innescarlo potrebbe essere stata proprio una discussione sui soldi. In attesa che il presunto assassino fornisca la sua ricostruzione, si fa strada la pista del movente economico. I presunti problemi economici di Anica erano stati smentiti, subito dopo i delitto dal compagno Luigino De Biase, che aveva negato di avere debiti cospicui: «L’unico debito che avevamo - aveva rimarcato - era una cartella Inps di poco più di mille euro». Ma la donna potrebbe averli maturati a sua insaputa. A maggior ragione se i prestiti erano legati alla droga.
Non si esclude del tutto, comunque, nemmeno la pista passionale visto che in casa di Battaggia sono state trovate tracce biologiche di Anica.
L’ARRESTO
Il corpo di Anica era stato ritrovato per caso, su un isolotto del Piave, in località Palazzon di Spresiano il 21 maggio. Battaggia (difeso dalle avvocate Maria Palomba e Loretta Cassano) se ne sarebbe disfatto gettandolo nel fiume in modo da inscenare un suicidio per annegamento. Martedì, a otto mesi dal delitto, si è chiuso il cerchio: l’ex primula rossa della mala del Veneto. Battaggia è stato arrestato nel primo pomeriggio in un magazzino di Spresiano. I carabinieri del Nucleo investigativo di Treviso hanno eseguito il fermo di indiziato di delitto emesso dal pm. Un provvedimento urgente «preso a fronte del rischio concreto di fuga da parte dell’indagato» ha spiegato il procuratore Martani. L’ex primula rossa del Nord Est, con un altro omicidio alle spalle ed esperto della latitanza, era pronto a scappare di nuovo. Ora è nel carcere di Santa Bona, in attesa dell’udienza di convalida, che dovrebbe essere fissata tra venerdì e sabato al cospetto del gip Carlo Isidoro Colombo.
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