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Per la cultura la Valle d'Aosta spende cento volte di più quello che stanzia il Veneto. Il confronto pro capite, certificato dalla Ragioneria generale dello Stato con i dati dello scorso anno, è piuttosto impietoso: 346,26 euro contro 3,50. Ma sborsano di più anche il Friuli Venezia Giulia (103,77) e il Trentino Alto Adige (162,36), la Sicilia (31,64) e la Sardegna (57,68). Si dirà: sono tutte Regioni a statuto speciale. Già, ma pressoché anche tutte quelle ordinarie scuciono più soldi, dall'Emilia Romagna (11,74) alla Toscana (8,66), dal Lazio (21,93) alla Calabria (36,10), dal Piemonte (19,86) all'Abruzzo (21,86). Fa peggio solo la Liguria (3,44) ed è in linea la Lombardia (3,57), che però segnala un aumento fra 2017 e 2020 (da 25,2 a 35,6 milioni), mentre la progressione veneta nel quadriennio è stata all'insegna della diminuzione (da 32,7 a 17,1 milioni), con la prospettiva di ulteriori decurtazioni nel 2021 (11,3 milioni) e nel 2022 (9,7 milioni). È su questa base che, a una settimana dalla vivace audizione in commissione regionale, ieri è tornato a risuonare l'allarme delle principali realtà di spettacolo, teatro, cinema, musica e danza: «Ci appelliamo al presidente Luca Zaia, perché i tagli sono un danno non solo economico ma anche sociale, mentre il comparto ha bisogno di risorse e certezze per poter riprendere la propria programmazione».
LA PREOCCUPAZIONE
Carlo Fontana, presidente nazionale dell'Agis, ha espresso «forte preoccupazione» per le riduzioni previste: «Una decisione che ancora una volta ci riporta ad una visione erronea ed arcaica: ossia che la cultura viene considerata come spesa e non come investimento». Gli ha fatto eco il responsabile triveneto Franco Oss Noser: «La situazione è molto grave, i tagli non sono lineari e vanno dal 20% al 50%. Chiediamo che venga attuata la legge regionale sulla cultura, approvata all'unanimità ancora nel 2019 ma non ancora finanziata, che prevede finalmente la programmazione triennale dei fondi, per dare un minimo di visione alle aziende del comparto. L'assenza di politiche strutturali è ormai un fatto non più sostenibile».
La posizione è condivisa da diversi soggetti del settore, come il Teatro Stabile del Veneto, Arteven, il Teatro Comunale Città di Vicenza, l'Anesv. «Questa volta il Veneto è circondato da Regioni più virtuose, è un'oasi infelice che deve rivedere i suoi parametri», ha affermato Massimo Lazzeri, numero uno triveneto degli esercenti di cinema riunito nell'Anec.
IL SOSTEGNO
I rappresentanti del mondo culturale hanno ribadito di avere in corso serrati contatti con i consiglieri regionali, «sia di maggioranza che di opposizione», in vista della maratona consiliare di Bilancio, quando la Giunta ha già assicurato che interverrà con i necessari correttivi. Dice al riguardo Elena Ostanel (Il Veneto che vogliamo), dalle file della minoranza: «Non è una battaglia di sinistra, intellettuale o radical chic, perché la cultura è lavoro, è un comparto intero, una filiera eterogenea, precaria, stagionale, che muove l'economia della Regione e del Paese». Sostegno arriva anche dai sindacati, con Nicola Atalmi (Slc Cgil), Mauro Vianello (Fistel Cisl) ed Enrico De Giuli (Uilcom Uil): «Va garantita la sopravvivenza delle imprese culturali. Le lavoratrici e i lavoratori del settore sono migliaia nella nostra regione e sono stati tra i più colpiti dalla crisi economica determinata dalla pandemia. Vanno assolutamente tutelati».
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