Spari in classe alla professoressa, genitori spaccati sulle scuse. Domani la docente torna in tv

Spari in classe alla professoressa, genitori spaccati sulle scuse. Domani la docente torna in tv
ROVIGO - «La professoressa ha sempre detto che uno studente e suo padre, l’unico che ha dimostrato di essere un educatore, le avevano chiesto scusa e ha poi precisato...

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ROVIGO - «La professoressa ha sempre detto che uno studente e suo padre, l’unico che ha dimostrato di essere un educatore, le avevano chiesto scusa e ha poi precisato che era stato proprio il ragazzo che aveva sparato. Questo però non lo deresponsabilizza dal gesto gravissimo che ha compiuto. Le scuse sono state accettate anche perché, come ha ribadito, secondo lei sono state anche sentite. Ma le scuse non lo esimono dalle sue responsabilità». Così l’avvocato Tosca Sambinello, che insieme al collega Nicola Rubiero assiste la professoressa Maria Cristina Finatti, che l’11 ottobre scorso è stata per due volte colpita con dei pallini, all’inizio e alla fine della sua lezione di Scienze, con la scena ripresa da un altro studente con un cellulare e con il video diffuso su Whatsapp e poi divenuto virale. La professoressa, a inizio gennaio, tre mesi dopo l’accaduto, ha deciso di sporgere denuncia. Contro tutta la classe, perché come emergerebbe dalle chat, ci sarebbe stata una sorta di azione concordata e anche le risate sarebbero state collettive, senza che nessuno si dissociasse. 


AZIONE CONCORDATA 
Proprio la mancanza di scuse da parte di tutti gli altri protagonisti, più o meno responsabili, con una famiglia che ha ottenuto anche la momentanea “sospensione della sospensione” decisa nei confronti del figlio, impugnando il provvedimento della scuola, con il provvedimento che è partito lunedì nei confronti dei quattro protagonisti principali, è stata uno dei motivi che, ha spiegato la professoressa, l’ha spinta a presentare un esposto alla Procura del Tribunale per i minori di Venezia per le ipotesi di reato di lesioni personali, diffamazione per la diffusione del video sui social, oltraggio a pubblico ufficiale e stalking in concorso. Anche nei confronti di chi, però, ha chiesto scusa. «Ma tutti gli altri, anche in questi giorni, dopo tutto quello che è successo, sono rimasti in silenzio, nemmeno una mail», chiosa l’avvocato Sambinello. 
La decisione della professoressa è maturata dopo un confronto con il proprio sindacato, che l’ha invitata anche a rendere nota la decisione, che ha sollevato un nuovo clamore mediatico. Non a caso, quanto avvenuto all’Istituto Viola–Marchesini è stato al centro anche di un servizio della puntata delle Iene di martedì sera, con Alice Martinelli che ha intervistato la professoressa, che ha rimarcato come la vicenda l’abbia «colpita fisicamente ma anche moralmente, ho pianto per il dolore e anche per l’umiliazione, spero che vengano puniti ma anche ascoltati, in modo tale che prendano consapevolezza che fare male non va bene», una studentessa e suo padre, che ha spiegato come le posizioni dei genitori siano molto variegate e molti non siano d’accordo sulle scuse alla professoressa anche da parte di quanti non hanno partecipato direttamente all’azione. 


L’INCONTRO 


Ieri sera, intanto, si è tenuto un incontro, a scuola, proprio con la partecipazione dei genitori, convocati dalla preside. Al momento nulla trapela. Domani, invece, la professoressa Finatti, che già il 13 gennaio era stata in collegamento con la trasmissione di Rai1 “La vita in diretta”, sarà ospite in studio della trasmissione di Rai2 “I fatti vostri”. Su quanto accaduto, lo stesso ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, convocando la preside Sgarbi a Roma il 24 gennaio, ha chiesto di produrre «una relazione ufficiale e dettagliata dei fatti, del contesto in cui sono maturati e della partecipazione dei genitori al percorso educativo dei figli. Prima di prendere decisioni conseguenti sulla vicenda. Contrastare fermamente il bullismo e la violenza a scuola e ripristinare nelle classi la cultura del rispetto sono due priorità della mia azione. Senza non può esistere nessun sistema scolastico degno di questo nome».

 

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Il Gazzettino