Sparatoria a Chiarano, l'agguato in scooter contro il 37enne e i sospetti: «È stato un mio parente, voleva uccidermi»

Hajdin Kukiqi ha riferito i suoi timori ai carabinieri e ha ripercorso quei terribili istanti. Dopo l'operazione sta meglio ed è pronto per tornare a casa

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CHIARANO (TREVISO) - «So chi ha sparato. Sono sicuro che volesse uccidermi». Hajdin Kukiqi, il kosovaro 37enne, a cui hanno sparato davanti alla porta di casa, in via Tabacchi, a Fossalta Maggiore, frazione di Chiarano, lo ha detto ai carabinieri che stanno indagando sull’agguato portato a segno giovedì, alle 7 di mattina, da due individui in sella a uno scooter Yamaha T-Max. «Sono uscito di casa per andare a lavorare, come ogni mattina. Ho visto con la coda dell’occhio lo scooter e mi sono detto che era strano. Non ci sono moto di solito a quell’ora. Poi, ho pensato che fossero studenti e mi sono avviato alla macchina, parcheggiata a poche decine di metri da casa mia. Il primo colpo mi è stato sparato da dietro e mi ha centrato su un fianco. Allora mi sono girato e mi hanno colpito una seconda volta alla gamba. È a quel punto che ho visto un terzo colpo, che non mi ha trafitto, ma era diretto alla testa». Kukiqi, assistito dall’avvocato Ermira Zhuri, è in ospedale. È stato operato subito dopo l’agguato e i medici gli hanno estratto dall’addome un proiettile calibro 7,65. Sta bene e sta migliorando in fretta. Tanto che potrebbe tornare a casa già la prossima settimana. Con i militari dell’Arma ha parlato di un parente che lo aveva già minacciato di morte. Potrebbe esserci stato lui in sella allo scooter, anche se i due erano travisati da un casco con serigrafie colorate e indossavano giubbotti neri.


L’AGGUATO
Kukiqi, colpito e sanguinante, ha gridato «Aiuto, vogliono uccidermi», mentre lungo via Tabacchi transitavano un dipendente comunale in bicicletta, una studentessa che si stava recando a scuola e una donna. Testimoni che hanno assistito alla scena e hanno costretto i sicari a sparare in fretta, con il mezzo in movimento, e a darsi alla fuga, verso Piavon di Oderzo. Strade di campagna, poco videosorvegliate, nella speranza di non lasciare tracce e con la convinzione di aver ucciso il bersaglio. Ne è sicuro anche il procuratore del Tribunale, Marco Martani: «È stato un agguato e avevano l’intenzione di uccidere. I bossoli trovati sulla scena - ha aggiunto - sono quelli di una pistola calibro 7.65 e potenzialmente i colpi sparati potevano risultare fatali».


VITA TRANQUILLA


Il 37enne risulta perfettamente integrato a Chiarano, dove vive con la moglie e tre bimbi ancora piccoli da cinque anni. Lavora alla Lafert di Noventa di Piave, azienda che si occupa della realizzazione di motori elettrici, e ha alle spalle qualche piccolo precedente penale ormai dimenticato. Una vita all’apparenza tranquilla. Spetterà adesso agli inquirenti rintracciare i sicari e riannodare i fili per capire il movente di un gesto premeditato, studiato nei minimi particolari, ma che non sembra trovare facile spiegazione. Si cerca la moto usata per il regolamento di conti, che potrebbe essere rubata, e si cerca nelle telecamere, anche delle abitazioni private e dei negozi. I carabinieri stanno sentendo tutte le persone della cerchia familiare del 37enne che ieri è stato raggiunto in ospedale dalla moglie, dai figli e dall’avvocato. «Non ho paura a tornare a casa» dice con la voce ancora flebile ma la voglia di riprendere la sua vita da dove quei tre proiettili l’hanno interrotta. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino