Spacciatore pentito testimonial contro la droga: «Soldi sporchi, solo vergogna»

Leonardo Staka insieme all'ex parlamentare Filippo Ascierto
PADOVA -  Trenta giorni in carcere. E tre agli arresti domiciliari. Per finire di scontare la condanna a 4 anni, inflittagli nel 2018 per spaccio di sostanze stupefacenti,...

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PADOVA -  Trenta giorni in carcere. E tre agli arresti domiciliari. Per finire di scontare la condanna a 4 anni, inflittagli nel 2018 per spaccio di sostanze stupefacenti, quindi, gli mancano ancora circa 12 mesi. Che non trascorrerà dietro alle sbarre, e nemmeno rinchiuso in casa con il divieto tassativo di uscire, bensì nella sede dell’Associazione Andromeda Regione Veneto, strategicamente piazzata in piazzetta Gasparotto a Padova, che è uno dei luoghi più infestati dagli spacciatori. E svolgerà i lavori socialmente utili sostitutivi della pena nel ruolo di testimonial nella lotta alla droga, raccontando da “pentito” quanto devastante sia stata la sua esperienza, documentandola con video, immagini e relazioni dettagliate. 


A convincere Leonardo Staka, 28 anni, nato in Albania ma in Italia da 26 e residente a Selvazzano, a trasformarsi in “ambasciatore” di questo messaggio positivo, in controtendenza con il suo passato, è stato l’ex parlamentare di Fratelli d’Italia Filippo Ascierto, fondatore dell’associazione di volontariato che ha come finalità la promozione della sicurezza e della legalità, il quale, dopo aver sottoscritto un accordo con il Tribunale, sta cercando di aiutare il giovane a inserirsi nel mondo del lavoro, in maniera da scongiurare che possa cadere di nuovo nelle mani dei trafficanti che lo utilizzavano per vendere, soprattutto agli studenti delle scuole, marijuana coltivata in Spagna. La banda di cui faceva parte in meno di un anno aveva smerciato 200 chili di sostanze, con un business di svariate centinaia di migliaia di euro, tanto che i suoi componenti vivevano nel lusso più sfrenato.


LA SVOLTA
Ed è lo stesso Ascierto a riassumere l’epilogo a lieto fine. «Andromeda - spiega - è convenzionata con il Tribunale per favorire il reinserimento nel tessuto sociale di persone che hanno avuto problemi con la giustizia. Quando mi è stato chiesto di occuparmi di Staka ho avuto qualche perplessità, perché qui in Piazza Gasparotto noi combattiamo gli spacciatori e quindi sarebbe stato come “mettere gli agnelli a vigilare sui lupi”. Ma poi parlando con Leonardo ho colto la sua intenzione di cambiare vita. E considerato che la lotta alla droga si fa con la repressione, ma anche con la prevenzione e mostrando esempi positivi, gli ho proposto di fare da testimonial. Ha accettato di buon grado e quindi le 4 ore settimanali che deve fare con noi le trascorreremo andando nelle scuole a parlare ai giovani, dove racconterà quanto si sia pentito di avere commesso gli errori che lo hanno portato in carcere. Adesso Leonardo ha voglia di riprendere in mano la sua vita ed è mosso da pensieri positivi. Lo aiuteremo a cercare un lavoro, facendo da garanti».
«Mi rendo conto - ha raccontato Staka - di avere fatto una grossa stupidaggine, e l’ho capito bene riflettendo durante il periodo che sono rimasto ai domiciliari. Era la prima volta che commettevo un reato e l’ho fatto perché mi servivano i soldi. Tre anni fa lavoravo per una ditta di logistica e per tre mesi non mi hanno pagato. Avevo assolutamente bisogno di denaro e quindi quando mi hanno proposto di guadagnare in modo illecito, ma molto remunerativo, ho accettato, anche se un po’ mi vergognavo. Nessuno sapeva che mestiere facessi, ho tenuto nascosto a tutti il modo con cui mi procuravo tutti quei quattrini di cui disponevo. E in effetti l’attività rendeva moltissimo, ma il gruzzolo incamerato si è volatilizzato quando ho dovuto pagare le spese legali una volta che sono finito in carcere».

«Adesso - ha aggiunto - sono due gli obiettivi che mi sono prefissato: scontare la pena e trovare un lavoro, meglio se nell’ambito della logistica o della ristorazione. In questo momento sto seguendo un corso di formazione e spero al più presto di avere un’occupazione. Quando sono finito in cella ho perso tutto: non solo il denaro, ma anche la fidanzata e buona parte degli amici. Solo la famiglia non mi ha mai abbandonato. La droga non porta soldi, perché prima o poi si finisce in manette e bisogna spenderli per cercare di uscire dal tunnel: solo vergogna e tanta sofferenza».
 

 

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Il Gazzettino