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CHIOGGIA - «Paghiamo il personale perché non lavori, abbiamo già buttato via il cibo che avevamo scongelato per l'inizio della stagione. Speriamo solo che il Tar ci dia la sospensiva il prima possibile».
Enrico e Riccardo sono i generi di Mauro Tiozzo, detto Gigetto, il cui stabilimento balneare, nella zona della diga di Sottomarina, è famoso per la cucina, tanto da essere considerato una sorta di istituzione da chi frequenta la spiaggia: alla "cucina da Gigetto", prima o poi, ci sono passati tutti, anche perché la famiglia detiene la concessione da quasi sessant'anni. Troppi, secondo qualcuno ma «questo è il nostro lavoro spiega Enrico qui lavorano una dozzina di persone, tra titolari e dipendenti, sorelle, mariti, zii, cugini. Per noi questa è la vita e il futuro, non abbiamo altro».
IL CASO
Ma qui la logica della tradizione e dell'impresa familiare si scontra con i principi della Bolkestein: le concessioni demaniali devono andare a gara dal prossimo anno, a meno di una proroga temporale correlata ad un piano di investimenti, per migliorare l'offerta turistica.
E, infatti, la determina comunale che nega la proroga ventennale afferma chiaramente che il progetto-proposta dei Tiozzo era «inaccoglibile» perché conteneva difformità urbanistiche rispetto ai piani e ai regolamenti dell'arenile. «Ci hanno contestato, ad esempio, di voler costruire un deposito a meno di 5 metri dal confine. Bastava spostarlo. Ci hanno detto che il verde era "correttamente dimensionato, ma non posizionato", mi sembra solo un errore grafico. E applicando la legge 55, che consente lievi difformità a fronte di opere compensative, si poteva risolvere tutto». E cosa preveda, invece, il progetto concorrente, non si sa. «Abbiamo chiesto l'accesso agli atti e ce l'hanno negato». A quel punto hanno fatto ricorso al Tar, chiedendo una sospensiva urgente, senza la quale, però, non possono neppure aprire i cancelli dello stabilimento. Ma la cosa che ha indispettito maggiorente i Tiozzo è stata la richiesta, da parte dell'ufficio Demanio, di firmare la «cessazione» della concessione. «Su consiglio del nostro legale non abbiamo firmato nulla, perché avrebbe comportato l'uscita dalla concessione da un giorno all'altro mentre riteniamo di avere diritto di rimanere almeno fino a fine anno». Ma, intanto, questa vicenda sta agitando anche le acque della politica: il Pd ha chiesto la convocazione di una commissione apposita.
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