Parere della Soprintendenza anche per i tavoli del bar, rischio "guerra" dei poveri: «Andiamo a Roma, lo Stato risponda»

Dehors a Pordenone
La nuova norma comunicata dal ministero della Cultura a una trentina di Comuni friulani (tra cui i quattro capoluoghi), che prevede una richiesta di permesso alla Soprintendenza...

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La nuova norma comunicata dal ministero della Cultura a una trentina di Comuni friulani (tra cui i quattro capoluoghi), che prevede una richiesta di permesso alla Soprintendenza per installare tavolini, sedie e ombrelloni fuori dai bar in contesti di pregio architettonico rischia di scatenare una “guerra” tra gli esercenti. E tra gli stessi e le amministrazioni. Iniziano infatti ad emergere i primi dettagli sulle aree interessate dalla stretta sulle norme paesaggistiche. E vengono fuori storture e disparità che stanno portando alla rivolta dei sindaci, pronti a fare un passo in più e a rivolgersi al governo in modo immediato. 


IL PROBLEMA


Mentre il Comune di Pordenone ha messo al lavoro gli uffici per capire dove esattamente andrà a impattare il nuovo provvedimento, a Sacile si vede già il primo effetto negativo della norma. I luoghi vincolati sul Livenza sono piazza del Popolo, via della Pietà, piazza Duomo, via Cavour e viale Zancanaro, ma solo di fronte a palazzo Ragazzoni. Significa che basterebbe possedere un bar o un locale che si trova dieci o venti metri più in là per avere per così dire un trattamento di favore rispetto all’esercizio commerciale inserito in un’area tutelata. Le differenze sono evidenti, con il rischio concreto di finire a carte bollate sia tra i commercianti che tra gli stessi e i Comuni. «Siamo d’accordo che il contesto architettonico vada tutelato - tuona il sindaco di Sacile, Carlo Spagnol -, ma che questo debba avvenire con il benestare della Soprintendenza anche per tavoli e sedie credo sia fuori da ogni logica. È un provvedimento calato dall’alto arrivato senza nessun preavviso o confronto. Non mancheremo di far valere la nostra voce nelle sedi opportune». 


PREOCCUPAZIONE


Ieri mattina, una volta appresa la notizia, i centralini dei Comuni sono stati subissati dalle chiamate dei commercianti. «Che ne sarà del mio plateatico?», «Il progetto che ho in piedi dovrà passare attraverso un parere della Soprintendenza?». Domande a cui i Comuni - fino a ieri ignari di tutto - non sanno bene come rispondere. A Pordenone, ad esempio, si è deciso di scrivere direttamente al ministero della Cultura. Il risultato? Risposta rimandata a lunedì. D’altronde si avvicina il fine settimana, e il ritmo di lavoro nei palazzi romani sembra inesorabilmente rallentare. 


LA RABBIA


Poi ci sono i comuni più piccoli, che si arrangiano come possono. Compresi i commercianti che ancora scelgono di investirvi, nei paesi periferici rispetto ai centri più importanti. È il caso ad esempio di Valvasone Arzene, un borgo medievale di rara bellezza dove però «alcuni baristi usano anche le panche della sagra per far sedere la gente», come conferma il sindaco Markus Maurmair. Una scelta che oscura il bellissimo castello oppure i muri delle case del XII Secolo? Un concetto quantomeno un po’ stiracchiato. «Quando un organismo dello Stato diventa un problema, è lo Stato stesso che deve intervenire per risolverlo - tuona il primo cittadino -. Sono sindaco dal 2009 e ormai sono innumerevoli le occasioni in cui mio malgrado ho dovuto constatare quanto sia forte il potere nelle mani dei funzionari che si occupano del patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico. In una fase di grande criticità economica - prosegue sempre il primo cittadino di Valvasone Arzene -, in cui le decisioni devono essere prese con celerità, ci dovrebbe essere un mediatore politico che limiti i veti insuperabili posti dai singoli funzionari. Veti che possono decidere le sorti di un’opera in modo insindacabile e con tempi biblici che implicano spesso l’implicito abbandono». 


LA BATTAGLIA


Per questo praticamente tutti i sindaci del Friuli Occidentale ora sono pronti - con a fianco i commercianti - ad alzare le barricate. Il primo passo sarà quello di rivolgersi alla Regione e ai parlamentari del Friuli Venezia Giulia. «Vogliamo l’autonomia anche dalla Soprintendenza». Il messaggio è più o meno questo.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino