Il software in grado di scoprire se la tesi di laurea è stata copiata

I casi nella storia di testi copiati: ora sarà più facile essere scoperti

Il software in grado di scoprire se la tesi di laurea è stata copiata
Lo chiamano "il vizietto del copia/incolla", c'è sempre stato, sia ben chiaro, ma oggi è più facile che mai: sulla tastiera del computer si...

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Lo chiamano "il vizietto del copia/incolla", c'è sempre stato, sia ben chiaro, ma oggi è più facile che mai: sulla tastiera del computer si digita ctrl C e poi ctrl V, e il gioco è fatto. Solo che le nuove tecnologie rendono sì facile copiare, ma pure altrettanto semplice smascherare le copiature. Hai copiato/incollato la tesi di laurea? No problem, la tua università ti sgama, grazie all'apposito software. Ce n'è più d'uno, in effetti, e Turnitin garantisce di avere un database con 83 milioni di documenti accademici e tesi degli studenti. Difficile sfuggirgli, insomma. Il problema è però cosa succede dopo essere stati beccati con le mani nella marmellata. Facile rispondere: in Italia niente. In Germania, invece, a casa. Se si scrive su Google «ministro tedesco dimesso per plagio» saltano fuori i seguenti episodi: 19 maggio 2021, si dimette la ministra per la Famiglia, Franziska Giffey, aveva copiato la tesi di dottorato; 9 febbraio 2013, si dimette la ministra per l'Istruzione e la Ricerca scientifica, Annette Schavan, aveva copiato la tesi di dottorato; 1 marzo 2011, si dimette il ministro della Difesa, Karl Theodor von und zu Guttenberg (un nobile di alto lignaggio, tra l'altro) per aver copiato la tesi di dottorato.


COSTRETTI A DIMETTERSI
Ma non solo, allargando un po' il tiro: 10 gennaio 2021, si dimette la ministra del Lavoro e della Famiglia austriaca, Christine Aschacher, per aver copiato la tesi di laurea, 2 aprile 2012, si dimette il presidente ungherese, Pal Schmitt, per aver copiato la tesi di dottorato (certo che sti dottorati). Bene no? Invece come vadano le cose da noi ce lo ha raccontato Gian Antonio Stella, già inviato del "Corriere della sera", originario di Asolo (di tutto ciò che troverete in questo articolo è rigorosamente citata la fonte!). Stella nel febbraio 2016 rievoca il caso del docente dell'università di Messina, Dario Tomasello, accusato dal suo collega di facoltà Giuseppe Fontanelli, di aver copiato gli scritti di Giuseppe Amoroso, maestro di entrambi. Accusa al vento, a quanto pare: c'era in ballo l'abilitazione e il ministero comunica «di non dover modificare il giudizio di abilitazione del prof. Tomasello». Vengono presentate due interrogazioni parlamentari e se ne occupa la trasmissione "Le Iene", ma alla fine Tomasello viene assolto: non ha mai copiato. Il 12 ottobre 2020 il tribunale di Roma ha stabilito che non c'era stato alcun plagio. Stella cita pure il caso, del febbraio 2016, di un professore ordinario di chirurgia a Pisa, Paolo Miccoli, accusato di aver plagiato, ma viene ugualmente nominato a un incarico ben retribuito. In seguito, anche in questo caso, le accuse di plagio sono rientrate. Com'è quella cosa? «Quando voi andavate a caccia coperti di pelli di marmotta noi si ammazzava Giulio Cesare» ecco, un po' di autocritica, va'. Comunque il vizietto del copia/incolla è vecchio quanto il mondo.


LA LEGGE A ROMA
Sappiamo grazie a un'orazione di Cicerone del 63 a.C. che a Roma esisteva una legge antiplagio, ma sappiamo anche che nel secolo successivo il poeta Marziale associa la parola a un furto letterario, segno che il plagio avveniva. A Murano vittima di plagio, e di spionaggio industriale, era stata Marietta Barovier, figlie ed erede del capostipite Angelo, morto nel 1460. Un lavorante, Giorgio Ballarin, copia le ricette paterne per ottenere le paste vitree colorate per le quali i Barovier erano famosi. La faccenda finisce in tribunale, ma non impedisce Marietta di inventare le canne "vetri colorati bellissimi", le "rosette", antenate delle più moderne murrine. Facciamo un salto nel tempo e ricordiamo un paio di plagi clamorosi degli anni della Guerra Fredda, quando l'Urss scatenava i propri spioni a caccia della tecnologia occidentale. Nel gennaio 1976 entra in servizio l'anglofrancese Concorde, l'aereo supersonico per il trasporto passeggeri. Il prototipo aveva volato nel marzo 1969, nel gennaio 1968, quindi bruciando il concorrente, si era librato in aria il prototipo del Tupolev Tu-144, velivolo supersonico sovietico per il trasporto dei passeggeri. Peccato che, a causa della sua strabiliante somiglianza, con il cugino anglobritannico fosse stato soprannominato Konkordoski. Non è mai venuto meno il sospetto che qualche "manina" avesse passato agli ingegneri aeronautici sovietici i piani del Concorde occidentale. Altro caso: nell'aprile 1981 la statunitense Nasa manda per la prima volta in orbita lo Space Shuttle, la navetta spaziale in grado di atterrare come un normale aereo e quindi essere riutilizzata. La risposta sovietica non si fa attendere: nel 1984 effettua il primo volo di prova la navicella Buran, del tutto simile a quella americana. Ci fu un solo volo nello spazio, nel novembre 1988, una missione completamente automatizzata senza equipaggio a bordo. Si trattava dell'impresa più costosa della storia del programma spaziale sovietico, con oltre milleduecento aziende e un milione di persone coinvolte (fonte: askanews). Era stata completata una sola navetta, quella che è effettivamente andata in orbita, ma ne erano state impostate anche altre in seguito rinvenute abbandonate in vari hangar nel territorio ex sovietico.


OLIVETTI BEFFATA
Un altro clamoroso caso di plagio tecnologico era stato quello dell'americana Hewlett Packard ai danni dell'Olivetti. L'azienda di Ivrea nel 1965 aveva presentato la Programma 101, il primo vero computer da tavolo mai costruito. L'aveva progettato un ingegnere torinese, Pier Giorgio Perotto, e "vestito" il milanese Mario Bellini, destinato a diventare uno dei più noti designer italiani. Il laptop funziona benissimo, tanto che la Hp ne compra un centinaio di esemplari, li copia, e li immette sul mercato con il proprio marchio. A Ivrea se ne accorgono, fanno causa in un tribunale Usa, vincono e la Hp è costretta a pagare un corposo risarcimento. Alla sconfitta in tribunale corrisponde però una vittoria sul mercato che vedrà trionfare gli americani e soccombere gli italiani. In seguito l'Olivetti ha abbandonato il computer mentre nel 2011 la Hp era il primo produttore mondiale di computer portatili, sviluppati grazie al plagio.


GLI ELETTI DEL PLAGIO


Naturalmente non tutti sono d'accordo nel definire negativamente il copia/incolla. È appena uscito tradotto in italiano, edito da Wojtek, il libro dell'argentino Alberto Laiseca, dal titolo "Per favore, plagiatemi!", con due motti a mo' di sottitolo: "La distanza più breve tra due opere d'arte è il plagio" e "Chiunque può creare. Plagiare è per eletti". Si tratta di una delle sue opere più importanti (è morto nel 2016) a metà tra saggio e romanzo. Bisogna «accogliere il plagio a braccia aperte», scrive, «non tentare di allontanarlo: favorire la sua propagazione sistematica fino a trasformarlo in una forza motrice totale». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino