Sofia Gobbo, trevigiana, 96 anni, insegnante e preside, per 50 anni non ha mai raccontato che era stata partigiana con tanto di diploma di combattente e croce al merito di guerra...
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Come è arrivata all'antifascismo?
«Non era facile, sapevamo quello che c'era sui libri, non avevamo dubbi: Mussolini aveva sempre ragione, non c'era nessuna cosa al mondo maggiore di Roma, come ci facevano cantare. Quando è venuto Mussolini a Treviso, ci hanno portato tutti in divisa, ore e ore ad aspettare. Mi ha aiutato la professoressa di filosofia capace di farci arrivare col ragionamento alla libertà. Sono entrata nella Resistenza nel 1944. Andavo a lezione dal professor Giovanni Gandin di Serravalle, che mi preparava per l'università: era costretto sulla sedia, insegnava per vivere. Faceva parte del Comitato di Liberazione Veneto e mi propose di fare la staffetta di collegamento tra Vittorio Veneto, Treviso e Padova. Ho accettato subito. Da una parte c'erano i partigiani, dall'altra i tedeschi che portavano via gli ebrei: a Orsago passava ogni giorno il treno blindato. Ci aiutavano in molti, la bandiera dei partigiani sul Cansiglio era stata cucita dalle suore di Maria Bambina di Vittorio Veneto e le suore di clausura di San Giacomo di Veglia cucivano le mostrine dei partigiani. Dovevi scegliere da che parte stare»...
Il Gazzettino