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BELLUNO - Era la prima donna a capo di una stazione del soccorso alpino in Veneto nel 2014. A distanza di 8 anni è ancora l'unica donna: la sola in Veneto, forse in Italia. Cecilia De Filippo, 42 anni a luglio, capostazione della Val Comelico guida una quindicina di uomini. Infermiera, vive a Campolongo con il compagno Gino De Zolt, da cui prese il testimone del comando nel 2014. «Ora sono al mio terzo mandato - spiega Cecilia - e forse non potrò più ricandidarmi alla prossima tornata, secondo il regolamento. La scadenza è nel 2023, vedremo se le cose cambiano». Se se ne andasse, le quote rosa nel Cnsas smetterebbero di essere rappresentate.
L'IMPEGNO
«La voglia di continuare ci sarebbe - confessa la capostazione - ma qui vicino a casa, in Comelico o diventa complicato». L'impegno è tanto e le ore dedicate al Cnsas non sono mai abbastanza. «La nostra stazione è a Santo Stefano - spiega -, io sto a Campolongo e quindi mi viene facile: spostarmi altrove richiederebbe tempo». «Ma voglio sottolineare che siamo volontari - ricorda Cecilia - non c'è una retribuzione per quello che facciamo.
I RUOLI
Come è cambiato in questi 8 anni l'atteggiamento degli uomini, verso le donne al comando? «Devo dire - sottolinea - che è sempre stato buono. Ormai sono tante le donne che ricoprono tanti ruoli in tutti i campi: ora siamo tutti uguali, ed è tutta un'altra storia rispetto a anni fa. Nel nostro ambiente non ci sono mai state discriminazioni».
L'ESPERIENZA
«Andando indietro lo rifarei - dice convinta Cecilia - rifarei tutto». Quanto tempo di porta via? «Difficile da quantificare - risponde -, ma non ho neanche mai pensato di farlo. Quello che ci ripaga sono le persone che ci scrivono, ci ringraziano. Magari anche dopo un soccorso semplice, in cui non hanno rischiato la vita: eppure ci sommergono di messaggi e presenti, forse per la paura che hanno preso...». Consiglieresti a una donna di entrare nel soccorso alpino? «Sì, ma ci vuole tempo. Io facendo turni al lavoro ho sempre avuto disponibilità. Non è sempre lo stesso per uno che lavoro dal lunedì al venerdì e poi nel fine settimana viene a fare corsi. Perché ne chiedono sempre di più: da tecniche sanitarie a altro», conclude Cecilia.
Il Gazzettino