Bionde di contrabbando: i banditi rubano l'identità a società veneta

Bionde di contrabbando: i banditi rubano l'identità a società veneta
Oltre sette tonnellate di tabacchi lavorati esteri sono stati sequestrati dalla guardia di finanza e dall'agenzia delle dogane nell'ambito di un'operazione che vede...

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Oltre sette tonnellate di tabacchi lavorati esteri sono stati sequestrati dalla guardia di finanza e dall'agenzia delle dogane nell'ambito di un'operazione che vede indagate per contrabbando cinque persone, quattro italiani ed un tunisino. Nei confronti di tre degli indagati in corso di esecuzione una misura cautelare personale, perquisizioni per gli altri due. I reati contestati sono contrabbando aggravato, falsità ideologica e introduzione nello Stato di prodotti contraffatti. L'inchiesta è coordinata dalla magistratura di Livorno.


Per tre degli indagati nell'operazione, denominata 'Doge vesuvianò, sono stati disposti gli arresti domiciliari: si tratta di due italiani di origine campana e di un livornese, gestore di fatto di una società di spedizioni. Le perquisizioni, avvenute nelle province di Napoli, Alessandria e Biella, hanno riguardato un altro indagato campano e un tunisino domiciliato nell'Alessandrino.

Le indagini, secondo quanto spiegato, hanno preso avvio da un controllo effettuato a Livorno all'interno di un deposito doganale di merce allo stato estero proveniente dalla Tunisia: in un trailer che doveva contenere solo lana di vetro sono state trovate le 7 tonnellate di sigarette di molteplici marchi, per un valore stimato in circa 1,5 milioni di euro. Gli accertamenti hanno poi portato a individuare nei tre destinatari della misura degli arresti domiciliari «i materiali organizzatori ed esecutori dell'illecita importazione dalla Tunisia dei tabacchi.

LA SOCIETA' VENETA COINVOLTA MA ALL'OSCURO DI TUTTO

Il modus operandi utilizzato dai due campani, raggiunti da misura cautelare - spiega la Gdf in una nota -, era quello di avvalersi di documenti formalmente intestati ad una società, avente sede in Veneto ma del tutto ignara del "furto d'identità" subito, per effettuare l'illecita importazione; per il disbrigo delle pratiche doganali, che venivano ad hoc create per aggirare i controlli, i due si avvalevano della collaborazione di uno spedizioniere livornese già noto agli inquirenti per essere stato, nel 2014, condannato per contrabbando». Una volta garantita l'uscita dal porto di Livorno, il carico sarebbe stato destinato a rifornire la piazza campana. Da ulteriori accertamenti è stato inoltre possibile appurare che parte del carico non solo era di contrabbando ma anche, in parte, prodotto in contraffazione: conseguentemente, agli indagati è stato contestato anche il reato di introduzione nel territorio dello Stato di prodotti con segni falsi. 
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Il Gazzettino