Siccità, un altro anno senz'acqua: il mais lascia il posto alla soia

Mais distrutto dalla siccità
BELLUNO Il perdurare della siccità potrebbe portare gli agricoltori bellunesi a spostare parte della produzione di mais in soia, che necessita di meno acqua. ...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

BELLUNO Il perdurare della siccità potrebbe portare gli agricoltori bellunesi a spostare parte della produzione di mais in soia, che necessita di meno acqua.


Lo fa sapere la Coldiretti. In Valbelluna si stima la presenza di 2.800 ettari coltivati a mais. Di questi, circa 40 ettari sono coltivati con le antiche varietà, soprattutto Sponcio, che resta tuttavia un settore di nicchia. La scarsa piovosità che ha caratterizzato l'estate 2022, l'autunno e anche l'inverno (sino ad oggi) potrebbe portare gli agricoltori bellunesi a seminare meno mais. Il granoturco, infatti, necessita di molta acqua e l'estate scorsa ha pagato un prezzo alto a causa delle temperature torride, con perdite di produzione che, per quanto riguarda i terreni più leggeri, sono state dal 30 al 50%.

PRODUZIONI CONVERTITE
Per la prossima estate, quindi, molte aziende sembrerebbero orientarsi verso la soia, che ha costi minori di coltivazione ed è più resistente alla carenza di piogge. «In provincia di Belluno ritengo che potrebbe verificarsi un calo del 20% di semine per quanto riguarda il mais tradizionale spiega Stefano Catani, del settore seminativi di Confagricoltura Belluno, con campi a Sedico nel Feltrino -. A pesare più di tutto è il timore di un'altra estate senza acqua, che può portare a grosse perdite di produzione soprattutto per chi ha i terreni leggeri, che sono quelli usati dalle aziende zootecniche per la produzione di granella da mangimi. Inoltre, il mais ha costi di coltivazione molto alti, basti pensare ai concimi che hanno subito rincari esorbitanti. È vero che adesso i prezzi sono calati del 35-40%, ma restano ancora alti. Nel 2024 ci sarà anche il problema delle rotazioni, imposto dalla Pac, la Politica Agricola Comune, e quindi se dovremo piantare altro al posto del mais dovremo comprare il prodotto fuori regione, con un surplus di costi per il trasporto».

COSTI DEI FERTILIZZANTI
Molte aziende potrebbero, perciò, seminare più soia, che ha costi minori di coltivazione e riesce a recuperare, fiorendo di nuovo, anche in assenza di piogge estive. «La soia ha registrato ottime quotazioni, perciò potrebbe esserci un orientamento in questo senso - sottolinea Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura Belluno -. Tuttavia, il mais resta una coltura importante per le aziende zootecniche e non credo che verrà accantonato facilmente, anche se le incertezze date dai cambiamenti climatici e dai costi esorbitanti dei fertilizzanti giocano una parte importante. Inoltre, il Bellunese è un'isola felice rispetto alla pianura padana e le zone più a nord possono godere di un clima fresco e piogge più frequenti. È vero però che, di fronte a estati sempre più torride, bisognerà attrezzarsi per affrontarle con mezzi idonei. Spiace, infatti, constatare che, pur essendo una provincia che vanta tantissimi bacini d'acqua, non si sia mai pensato a dotarsi di impianti di irrigazione, che nelle zone limitrofe come il Trentino-Alto Adige sono stati invece realizzati da tempo. Le irrigazioni di soccorso saranno necessarie anche per la viticoltura, dato che l'estate scorsa ci sono stati molti momenti di difficoltà per chi ha piantato le barbatelle. Oltre al nodo della siccità, la preoccupazione è sempre rivolta al rischio di eventi estremi, pure conseguenza dello sconvolgimento del clima. La tempesta Vaia, purtroppo, ci ha insegnato che la montagna ha una fragilità enorme».


Di siccità se ne parla ormai da diversi mesi, purtroppo, tanto che il Consiglio dei Ministri ha prorogato per tutto il 2023 lo stato di emergenza in nove regioni, tra cui il Veneto. La crisi idrica del 2022 infatti ha provocato un abbassamento diffuso delle falde acquifere, rendendo difficile un recupero dei valori nel corso del 2023.
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino