Ponte di Brenta. Ristoratore sfrattato, chiude il locale: «Bollette triplicate, tornerò a fare il cuoco»

Rosato chiuderà il Bontà Nascoste il 12 luglio: «Non sono riuscito a pagare sei mensilità di affitto»

Christian Rosato
PADOVA - Un altro ristorante è costretto a chiudere le serrande a causa dei debiti dovuti ai rincari delle bollette, sempre più insostenibili che hanno messo in...

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PADOVA - Un altro ristorante è costretto a chiudere le serrande a causa dei debiti dovuti ai rincari delle bollette, sempre più insostenibili che hanno messo in ginocchio tantissime attività. Addio al ristorante Bontà Nascoste di via Antonio Ceron 8 a Ponte di Brenta che nel pomeriggio di sabato scorso ha ricevuto l’avviso di sfratto per morosità. Il locale aveva aperto i battenti proprio in piena pandemia nell’aprile del 2021, conosciuto per la specialità della bistecca alla fiorentina. Sfida complicatissima per il titolare Christian Rosato che ha fissato come data di chiusura il 12 luglio. «Essere titolari di un’attività può essere rischioso, ma io ci ho voluto provare e ho dato il massimo - dichiara Rossato - tornerò a lavorare come chef ma in maniera dipendente e ricomincerò da zero tirandomi su le maniche come ho sempre fatto, poi se il futuro lo vorrà magari con una situazione economica migliore mi piacerebbe aprire di nuovo».

«Bollette triplicate e poco lavoro»

La chiusura sembra essere una scelta obbligata per il ristoratore che negli ultimi tempi ha fatto fatica a far quadrare i conti. «Non sono riuscito a pagare sei mensilità di affitto e perciò è arrivata la notifica di sfratto - prosegue Rossato -. A causa dell’aumento dei costi le bollette dell’elettricità sono triplicate, da 500 euro che pagavo oggi ne pago più di 1.300, senza contare la spesa per il gas e per la legna dato che faccio carne alla brace». Pesanti anche le difficoltà con il personale. «Ad oggi ci sono solo io che lavoro, qualche volta in maniera sporadica vengono due ragazzi a darmi una mano. All’inizio nel 2021 ero partito con una bella squadra però a causa del poco lavoro se ne sono andati, non potevo più permettermi di pagarli». Nonostante i problemi, il ristorante ha puntato comunque alle materie prime. «A settembre ho investito sulla carne di qualità, ricercandola dai migliori fornitori però sono stato subito costretto ad abbassare il prezzo della carne, altrimenti sarebbe rimasta invenduta. Siamo passati da 80/90 euro al chilo a 65/70 euro».

Il quadro

L’Appe (associazione provinciale pubblici esercizi) ha registrato in quattro anni la perdita di più di 300 attività che ruotano attorno al mondo della ristorazione. La prospettiva di vita per una nuova attività è di soli cinque anni, questo è causato dall’inestimabile crisi che ha portato con se prima la pandemia e in seguito lo scoppio dalla guerra che ha visto un netto aumento nei prezzi delle materie prime e delle bollette, ormai alle stelle.

 

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Il Gazzettino