Perde il lavoro e torna a Padova, denunciata dall'ex marito, ma la Cassazione le dà ragione

Perde il lavoro e torna a Padova, denunciata dall'ex marito, ma la Cassazione le dà ragione
PADOVA - La 40enne padovana, mamma separata dal marito, non perde la patria potestà sul figlio di quasi dieci anni. Lei era rimasta senza lavoro a Roma e, senza il...

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PADOVA - La 40enne padovana, mamma separata dal marito, non perde la patria potestà sul figlio di quasi dieci anni. Lei era rimasta senza lavoro a Roma e, senza il consenso del padre del bimbo, un filmaker e giornalista, aveva portato con sé il piccolo a Padova dove aveva trovato un altro impiego, disponeva di una casa ed inoltre aveva l'aiuto dei suoi genitori che vivono in città.


Lo ha stabilito la Cassazione che ha respinto il ricorso con il quale il padre del bimbo conteso aveva reclamato contro la decisione della Corte di Appello della capitale che, nel giugno 2017, revocò la perdita della potestà genitoriale inflitta alla donna dal Tribunale di Roma nel febbraio dello stesso anno. In base alla decisione di secondo grado, condivisa ora dagli ermellini, «per quanto censurabile, il comportamento della donna non integra i presupposti per la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale che costituisce un provvedimento predisposto dal legislatore non a scopo sanzionatorio ma a tutela del minore e finalizzato a scongiurare ulteriori condotte pregiudizievoli da parte del genitore».

Per la Corte di Appello, inoltre, come ricorda il verdetto 15949 depositato ieri, «le finalità del comportamento della madre non erano riconducibili a motivazioni egoistiche o futili ma alla ricerca di una occupazione lavorativa e alla possibilità di fruire del sostegno dei genitori». Positivamente era poi stato considerato il fatto che la mamma aveva ubbidito al provvedimento del tribunale che le aveva ordinato di ritrasferire il figlio a Roma presso il padre, e che la consulenza tecnica disposta nel corso del procedimento giudiziario aveva attestato «una buona relazione del bambino con entrambi i genitori», ritenendo «preferibile la residenza presso la madre che ha le capacità, l'attenzione e l'amore per accudire il figlio».


Nel ricorso in Cassazione, la difesa del padre non è riuscita a mettere in campo «una precisa contestazione dell'interpretazione adottata dal giudice d'appello» che, sottolinea il verdetto, ha compiuto «una esaustiva e coerente valutazione dei fatti». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino