Apertura alle donne: in Comelico solo la Regola di Padola si è adeguata

A Padola la Regola aveva da tempo provveduto ad adeguarsi alla normativa
BELLUNO - C’è una sola Regola in Comelico che rispetta la sentenza della Corte di Cassazione del 2015 e il Codice civile italiano sul Diritto di Famiglia, è...

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BELLUNO - C’è una sola Regola in Comelico che rispetta la sentenza della Corte di Cassazione del 2015 e il Codice civile italiano sul Diritto di Famiglia, è quella di Padola. Le altre sette che hanno modificato gli statuti per inserire anche le donne lo hanno fatto in maniera monca, cioè privandole del diritto di trasmettere l’appartenenza ai figli, nel caso abbiano il cognome del padre non originario del paese


LE SENTENZE
Una privazione di un diritto costituzionale, che la Cassazione prima e la recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia hanno rimarcato, condannando la Regola di Casamazzagno per l’illegalità del suo statuto. A Padola il cambio dello statuto, approvato dalla maggioranza del regolieri in assemblea, ha accolto le indicazioni della sentenza della Cassazione, ripristinando l’antica tradizione del “fuoco-famiglia”, anziché l’attuale appartenenza per singoli individui, e considerando le famiglie regoliere sia per discendenza in linea maschile che femminile. A seguire il dibattito sul cambio radicale della mentalità maschilista prevalente nelle Regole comeliane era stato Giancandido De Martin Topranin, docente emerito di Diritto Amministrativo all’università Luiss di Roma, regoliere di Padola. Sull’attuale dibattito suscitato dalla sentenza della Corte d’Appello di Venezia sottolinea l’importanza dell’adeguamento degli statuti regolieri alla contemporaneità.


IL COMMENTO


«La sentenza della Corte d’Appello di Venezia -dice il professore- non fa che confermare quanto stabilito nel 2015 dalla Corte di Cassazione e cioè che gli statuti delle Regole devono rispettare le leggi italiane. A Padola i regolieri hanno discusso e approfondito la questione in diverse assemblee e alla fine si è giunti ad una decisione corretta e lungimirante. Infatti gli attuali statuti oltre che non rispettare le leggi in materia di parità di diritti tra uomini e donne, non tengono conto delle mutate condizioni socio economiche dei paesi di montagna, sempre più impoveriti nei numeri e anche nelle professioni che un tempo erano comuni nel rapporto gente-territorio. Riportare gli statuti nel solco della tradizione, cioè nell’appartenenza alla regola dei nuclei famigliari con le tipologie contemporanee e rispettando la parità dei diritti di genere, è un dovere che tutte le Regole devono ottemperare. E qui è giusto chiamare in causa la Regione Veneto, che ha approvato la legge del 1996 per il riconoscimento giuridico delle Regole nel rispetto delle leggi italiane. Non è un comportamento accettabile quello degli organismi regionali preposti al controllo degli statuti, che sorvolano sulla illegalità di essi nella quasi totalità delle Regole della montagna veneta. Un intervento dell’autorità regionale che costringa, pena la mancata erogazione di contributi, le Regole a modificare gli statuti nel rispetto delle Costutuzione e del Codice Civile è non solo auspicabile ma urgentemente necessario, anche per evitare altri contenziosi giudiziari». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino