Veneto, aumentano i contagi e la scuola "apre" alle lezioni online: «Ma solo per terze e quarte superiori»

Studenti alla fermata degli autobus
VENEZIA - «Se proprio si deve fare didattica a distanza per ridurre gli affollamenti negli autobus, si evitino le quinte superiori che dovranno affrontare l'esame di...

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VENEZIA - «Se proprio si deve fare didattica a distanza per ridurre gli affollamenti negli autobus, si evitino le quinte superiori che dovranno affrontare l'esame di Stato e si scelgano le terze e le quarte». La direttrice dell'Ufficio scolastico regionale Carmela Palumbo apre alla proposta del presidente del Veneto Luca Zaia di fare lezioni online a rotazione nelle ultime classi delle superiori per alleggerire le resse nel trasporto pubblico. Proposta respinta da tutti, a partire dai ministri Lucia Azzolina e Francesco Boccia, ma anche dai sindacati e dall'intero mondo della scuola. «Lo sappiamo che sul fronte sanitario il problema non sono le scuole, ma gli autobus - prosegue Palumbo - il piano dei trasporti con la riduzione all'80% in Veneto è arrivato il 7 settembre, troppo tardi, ormai l'intera programmazione era già stata fatta. Ma se non si trovano altre soluzioni, il problema va risolto e se questo è l'unico modo per farlo almeno risparmiamo le quinte». Ferma nella posizione che le lezioni in presenza vanno tutelate sempre, anche perché la didattica online, che ha salvato in parte la situazione durante il lockdown, ora svela tutte le sue fragilità, specie tra i piccoli. «Gli alunni in prima elementare lo scorso anno stanno affrontando i primi mesi di seconda con difficoltà di lettura e scrittura» spiega la direttrice. Mentre sul fronte sindacale la didattica a distanza viene accettata solo in caso di emergenza sanitaria grave e quarantena. «Il problema dei trasporti pubblici si conosceva già ad aprile, quindi c'erano tempo e pure finanziamenti per risolverlo senza fare proposte che penalizzano ancora una volta la didattica» dice Sandra Biolo segretaria regionale della Cisl scuola.


LE CRITICITÀ

Una scuola veneta ancora alle prese con la nomina dei docenti: ora ne mancano 500-600. Non era mai capitato che si arrivasse a metà ottobre con il reclutamento dei supplenti non ancora concluso, le classi a orari ridotti e i tempi pieni attivati solo in minima parte a partire da lunedì scorso. «Le scuole sono organizzatissime sul fronte dell'emergenza sanitaria e stanno garantendo agli studenti lezioni in sicurezza, ma sono penalizzate dai ritardi legati all'introduzione delle Gps, le nuove graduatorie dei supplenti: un sistema che va rivisto per non ritrovarci il prossimo anno con le stesse difficoltà» spiega Carmela Palumbo. In queste quattro settimane di avvio d'anno gli uffici scolastici hanno dovuto recuperare 15.819 supplenti e alla fine in Veneto il 22% del personale è precario. Peggio dello scorso anno quando i docenti con contratto a termine erano stati 14.500. Una fatica immane a fronte di graduatorie esaurite, posti aggiuntivi per l'emergenza Covid e carenza di personale specie alle primarie e nel sostegno. Al punto che ora si è passati alle Mad, le messe a disposizione, per coprire gli ultimi buchi in assenza di candidati. Con situazioni limite in cui ci sono laureati che insegnano materie non proprie: questo accade nel sostegno, ma anche alle primarie con architetti piuttosto che dottori in filosofia, solo per fare alcuni esempi, che fanno i maestri elementari.
LE SCELTE TARDIVE

Considerate le molte difficoltà la scuola non vorrebbe ora dover pagare anche le scelte tardive sul fronte trasporti, perché già alle prese con i problemi legati alla mancanza di personale. «Solo per fare un esempio: a Treviso per coprire 2.867 posti con supplenti l'ufficio scolastico territoriale ha dovuto chiamare e analizzare 19.793 posizioni - continua Palumbo - abbiamo stimato che per concludere 15mila nomine abbiamo dovuto fare 110.700 chiamate». Perché mai come ora la scuola si trova di fronte a uno squilibro tra offerta e domanda di lavoro, complice anche il personale che si può ora assumere, in aggiunta a quello assegnato, per affrontare l'emergenza Covid. «Dei 112 milioni di euro destinati ai lavoratori aggiuntivi per Covid le scuole hanno finora stipulato contratti per 24 milioni - prosegue Palumbo - quindi c'è ancora spazio per nuove assunzioni. Con un'offerta così elevata i precari hanno rifiutato i posti proposti dagli uffici provinciali perché sapevano di poter scegliere cattedre a loro più gradite».
Raffaella Ianuale
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Il Gazzettino