Incubo contagio a scuola: i docenti si pagano i tamponi

Un test rapido in un liceo
PORDENONE/UDINE - Stanno prendendo d’assalto i laboratori privati, perché sono gli unici che in assenza di contatti con pazienti positivi o sintomi sospetti...

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PORDENONE/UDINE - Stanno prendendo d’assalto i laboratori privati, perché sono gli unici che in assenza di contatti con pazienti positivi o sintomi sospetti garantiscono la possibilità di un tampone finalizzato unicamente all’attività di screening. Pagano dai 40 ai 90 euro, a seconda che l’offerta riguardi il tampone molecolare classico (il migliore sul mercato, in quanto più affidabile) oppure il test antigenico rapido. Sono sempre di più, soprattutto dopo la seconda ripartenza delle scuole superiori, gli insegnanti che ricorrono alle proprie tasche per garantirsi la sicurezza che in questo momento il sistema pubblico non è in grado di assicurare, mentre nel vicino Veneto sono già partiti i test a campione nelle scuole da parte delle Aziende sanitarie. 


IL NODO
A rilevare la criticità sono anche i medici di base, a contatto con i loro assistiti tra i quali ci sono anche molti insegnanti. «Allo stato attuale - spiega ad esempio Guido Lucchini, presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Pordenone - la differenza tra il Fvg e il Veneto è nel modello organizzativo. E voglio essere chiaro: l’assessore alla Salute si è adoperato per fare il massimo. Il problema è di tipo gestionale. Altrove i medici di base decidono anche l’inizio e la fine della quarantena, mentre qui non possono intervenire nelle scuole». Le operazioni, infatti, sono effettuate solamente dal Dipartimento di prevenzione, che però si limita agli interventi nel caso di un contagio in una specifica scuola. Quello che manca è l’operazione a monte, cioè lo screening preventivo simile a quello che viene effettuato nelle case di riposo e negli ospedali, dove comunque le difficoltà non sono mancate. 
LE SOLUZIONI
Al momento non ce ne sono molte. L’unico slancio era arrivato in estate, quando era scattata l’operazione di screening sugli insegnanti basata sul test sierologico. Dopodiché non si è fatto più nulla. Ecco perché sono sempre di più i docenti che per entrare in classe e garantire più sicurezza agli alunni e ai colleghi ricorrono ai tamponi privati. Si tratta però di costi che non vengono assolutamente rimborsati dal sistema pubblico. 
LE RICHIESTE
A catalizzare le domande dei dirigenti scolastici in relazione al “modello veneto” era stata ad esempio Teresa Tassan Viol, vertice dell’Associazione presidi del Friuli Venezia Giulia. «Si tratta di una soluzione interessante - spiega -: sin dall’inizio delle lezioni in presenza dopo il lungo lockdown della scuola abbiamo sempre chiesto che il sistema di tracciamento potesse funzionare meglio e soprattutto che lo potesse fare anche in chiave preventiva». Il “modello Veneto”, infatti, si sovrappone all’attività di prevenzione classica, cioè quella che si dispiega quando viene rilevato un contagio in una classe o tra il personale docente. L’iniziativa varata da Zaia punta a scovare casi “dormienti” grazie a dei controlli a campione da svolgere a rotazione nelle scuole del territorio. «Se anche in Friuli Venezia Giulia si riuscisse a mettere in piedi un sistema del genere - prosegue Tassan Viol - noi dirigenti scolastici vedremmo la cosa con favore. Resta però da capire se il sistema sanitario in questo momento sia in grado di sobbarcarsi anche questo onere».

Il rischio, però, è che la proposta finisca per scontrarsi con le oggettive difficoltà con le quali si devono raffrontare ormai da mesi i Dipartimenti di prevenzione, cioè gli organi delle Aziende sanitarie che dovrebbero concretamente mettere in pratica il piano.

 

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Il Gazzettino